La mente non si apre se prima non si è aperto il cuore.

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La mente non si apre se prima non si è aperto il cuore.

 

 

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In questo numero che chiuderà l’ anno in corso,  abbiamo dato spazio ad un argomento importante perché intriso di speranza per un futuro migliore,  come sempre accade quando ci troviamo davanti all’ anno che verrà. 

Parleremo dell’ Agenda 2030. 

Tra i diciassette  punti che la caratterizzano abbiamo l’ obiettivo, al quarto punto, che impone ai paesi firmatari di fornire “…un’ educazione di qualità, equa e inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”, in un contesto dove, ogni giorno, gli Stati si trovano ad affrontare problematiche  comuni, come l’ abbandono scolastico, la formazione dei docenti e il mantenimento e la cura degli edifici scolastici.La scuola trai i suoi compiti più importanti è chiamata  ad aiutare i cittadini futuri a visioni ampie ed articolate che si esprimono attraverso il senso di legalità, il pensiero critico, la capacità di argomentare e l’ etica della responsabilità. Perché tutto ciò accada  è importante che gli obiettivi dell’ agenda 2030 non restino un elenco di intenzioni senza alcuna corrispondenza con azioni e risultati effettivi, ma bisogna partire dal presupposto che si debba fornire soprattutto l esempio, un esempio interconnesso, che accolga le azioni di  tutte le agenzie formative.

L’ educazione di qualità, che si esprime anche in una istruzione di qualità, deve avere come obiettivo la volontà di perseguire la conquista di una effettiva cittadinanza globale  che porti ad una istruzione universale. Bisogna predisporre una formazione incisiva e mirata per i docenti dove ci si alleni alla collegialità, alla ricerca, alla riflessione e soprattutto dove si faccia attenzione alla differenza tra educare ed istruire. Proprio nell’ ottica di questa sostanziale differenza, vorrei condividere con voi lettori i contenuti della lectio magistralis dal titolo “ Istruire o educare? Il ruolo del docente dalla scuola al mondo universitario” tenuta dal filosofo e accademico   prof. Umberto Galimberti, in un freddo pomeriggio di novembre, nell’ aula magna dell’ Università di Napoli.  Il prof. Galimberti  inizia con una doverosa precisazione   dei due termini: istruire significa trasmettere contenuti culturali per via intellettuale  dall’ insegnante all’ alunno , educare  invece, significa curare la dimensione emotivo- sentimentale dei ragazzi aiutandoli  a passare dalla pulsione all’ emozione.In un contesto dove al centro c’ è lo studente, sempre più annichilito dall’ universo commerciale, tutti siamo chiamati a giustificare il nostro operato e ne emerge, una visione notevolmente lacunosa.

I genitori non sono più capaci di educare, entrano in competizione con i docenti, riducono il tempo dedicato alla partecipazione in famiglia, elargiscono attenzioni  intrise di poco amore, coprono le loro mancanze con quantità smisurate di regali che hanno un effetto distruttivo sulla crescita dei propri figli perché mortificano il desiderio. Il desiderio è rivoluzionario, è la spinta per  cambiare il proprio futuro. Tocca poi al mondo della scuola e anche questa ne esce a pezzi. Uno spiraglio positivo si apre solo verso la scuola primaria, dove, afferma il prof. Galimberti, è possibile individuare l’ esistenza di un forte  processo “educativo”, espresso dall’ attenzione che le maestre volgono al mondo dei bambini, oltre le mura dell’ edificio scolastico.Le agenzie educative, in generale, sono  troppo impegnate a istruire e perdono di vista l’ aspetto emotivo dell’ alunno, quello che determina la sua capacità  di interagire con il mondo che lo circonda. Ed ecco che nei giovani scarseggia la risonanza emotiva , non riescono a sentire il dolore dell’ altro, l’ offesa all’ altro e si muovono come automi  insensibili, diventando attori inconsapevoli di gravi atrocità. La scuola dovrebbe essere percepita come un gioco di vita e non l’ ultima istanza di vita.

Quale può essere, quindi , la strategia da utilizzare per educare ed istruire contemporaneamente? Il prof. Galimberti indica la strada  dello studio della letteratura, attraverso i classici possiamo avvicinarci all‘educazione dei sentimenti, poiché “non si apre la Mente se prima non si apre il Cuore” (Platone)L’ educazione diventa la strada maestra da perseguire, una strada che si impara, e con l’ educazione al sentimento si approda all’ empatia, una dote umana che va esercitata in vista di un ampia comprensione dell’ altro, del superamento di ogni conflitto relazionale  e che amplifica ogni gioia e positività. Dobbiamo, quindi agire in modo organico e congiunto cosi da trasferire ai nostri ragazzi la capacità di cavalcare il cambiamento e le innovazioni tecnologiche e di vedersi cambiare nel mondo che cambia. In conclusione, prendendo in prestito le parole di Plutarco, dobbiamo considerare le menti degli studenti non come vasi da riempire ma come fuochi da accendere.

Rosalia Rossi (10/07/1965) napoletana, docente di Storia e filosofia. Laureata in Pedagogia con 110 e lode consegue Master Europeo di II livello in Mediazione e gestione dei conflitti. Interessata alle dinamiche sociali e relazionali, si forma come Counselor, Mediatrice familiare ed esperta in PNL Basic Practitioner. Esperta in criminologia clinica. Ha assunto incarico di collaborazione e tutor con l' Università degli studi di Napoli "Suor Orsola Benincasa"; ha partecipato al forum mondiale della Mediazione al Centre de Congres La Regent a Cras Montana con stages in Spagna e Svizzera sulle tematiche della mediazione  del conflitto nei Paesi Europei. Relatrice a corsi di formazione per adulti su " Comunicazione e conflitto". Ha ricoperto per quattro anni il ruolo di collaboratore vicario, componente Consiglio D 'Istituto e del Nucleo Interno di Valutazione. Ha ricevuto encomio dal Dirigente Scolastico per l'eccellente lavoro di collaborazione svolto presso il proprio Istituto.

 

 

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