Al servizio del futuro. Il Service Learning come motore della trasformazione valoriale nella scuola del domani

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Non so se a qualcuno di Voi accade ciò che sta succedendo a me in questo periodo: non parlo di fatti concreti, ma di percezioni (oserei definirle quasi aptiche), sensazioni, impressioni, sfuggenti, eppure quasi palpabili, dettate da una nuova temperie, dall’intuizione che stiamo vivendo in un momento di grandi trasformazioni, culturali, sociali, generazionali.

E la paura di restare esclusa da questo fermento mi induce a credere che mai come adesso sia fondamentale aggiornarsi.L’età media degli insegnanti italiani supera abbondantemente i 50 e il gap generazionale implica inevitabilmente che intercorrano delle differenze significative tra studenti e corpo docente, che, senza una adeguata formazione, finiranno per parlare linguaggi diversi, per non comprendersi più addirittura a partire dalle parole utilizzate.Io non so l’inglese (ne approfitto per fare un mea culpa, ammettendo di averlo sempre snobbato, dall’alto di una presunta superiorità culturale del nostro idioma nazionale), oggi però mi accorgo che, quasi senza volerlo, ho dovuto appropriarmi di alcune espressioni intraducibili in italiano, veicolando queste contenuti molto specifici.


Si sa, le parole danno forma al pensiero e dunque siamo ormai obbligati a sapere cosa si intende per coding, flipped classroom, job shadowing. Non che non esistano parole italiane per tradurle, ma queste hanno il limite di tutte le traduzioni, lasciano spazio ad interpretazioni troppo spesso decontestualizzate e che faticano a rendere la materia specifica di cui si sostanziano.Non dico che basti masticare un po’ di più le lingue estere per essere di colpo insegnanti migliori, più cool (per rimanere in tema), così come non serve conoscere l’esistenza di tutta la miriade di sistemi comunicativi disponibili, di nuovi linguaggi, di programmi e app, peraltro tutte cose di fatto poco utilizzate nella nostra scuola, per diventare paladini dell’innovazione, pronti a combattere la dispersione scolastica e la povertà educativa. È necessario che si abbracci una determinata visione di scuola, che si scelga quale modello educativo perseguire per approcciare in modo convinto il cambiamento, un cambiamento che parte, come abbiamo visto, ad esempio, nell’ultimo anno, dal movimento dei “Friday for future”, capeggiato da una ragazzina svedese che iniziò nel settembre del 2018 a fare lo sciopero scolastico del clima. Greta Thunberg recentemente ha parlato alle Nazioni Unite, bacchettando i grandi della terra. Mi sono chiesta quanti di noi, parlo di insegnanti, all’inizio della protesta, vedendo quella bimbetta con le treccine seduta davanti al parlamento svedese, non abbiano pensato che avrebbe fatto meglio ad andare a scuola. E invece una generazione di giovanissimi ha mostrato al mondo che se si vuole si può, che i principi, se determinanti, valgono più delle regole...e questo noi adulti dovremmo ricordarcelo più spesso, soprattutto se vogliamo creare scuole democratiche, inclusive e di qualità.


L’Agenda europea 2030 al punto 4 richiama proprio l’attenzione su una educazione paritaria e rivolta a tutti e per sempre. E in effetti, proprio in considerazione della particolare congiuntura nella quale ci troviamo a vivere, occorre che i nostri sforzi siano concentrati a sostenere nel miglior modo possibile la crescita culturale e psicologica dei nostri allievi.E non mi riferisco solo a maggiori investimenti, seppure necessari dal momento che in Italia si spende davvero poco per l’istruzione, dalla primaria all’università (circa il 3,6% del PIL, una quota inferiore rispetto alla media OCSE nonché una delle quote più basse della stessa area), parlo di efficientare il sistema scuola e di farne un vero laboratorio di idee, pronto ad affrontare le sfide del nuovo millennio. Il bisogno di una educazione rinnovata è presente in tutti gli ambiti, dalla ricerca ai documenti ministeriali, e questo deve spingerci ad essere gli artefici di tale trasformazione, che, partendo dall’individuo utilizza tutti i mezzi in nostro potere per compiersi. Dunque sì all’innovazione tecnologica, ma senza buttare a mare esperienze e competenze tradizionali, sì alla didattica digitale, alla robotica, al byod, sotto la guida sapiente di un insegnante autorevole ed esperto, che affianca, supporta, sostiene, accompagna l’allievo e lo orienta in questo meraviglioso percorso che è la crescita.


La scuola è, e deve sempre più essere, comunità educante, luogo di accoglienza, crocevia di esperienze, in stretta interrelazione con il territorio di appartenenza. Ed è in questa ottica che si inserisce il Service Learning, una metodologia didattica che affonda le sue radici lontano nel tempo e nello spazio, ma che, secondo me, risponde oggi alle istanze di un mondo in crisi di valori e di risorse.Il Service Learning è una proposta pedagogica, metodologica e didattica che unisce il Service (la cittadinanza, le azioni solidali e il volontariato) e il Learning (un apprendimento significativo). Agli studenti si chiede di mettere a disposizione della comunità competenze apprese o da apprendere in un ideale circolo virtuoso tra solidarietà e conoscenza. I progetti di Service Learning devono inserirsi a pieno titolo nella programmazione scolastica, dovendo condurre non solo alla realizzazione di azioni benefiche (si tratterebbe in questo caso di semplice volontariato), ma all’acquisizione di contenuti precipui di singole discipline.Gli ambiti in cui realizzare attività di Service Learning sono disparati: si va dall’educazione ambientale a quella pedagogica, dall’economia alle scienze, dalla cultura digitale a quella umanistica.Attualmente un ruolo significativo in questo campo è svolto da Indire (Istituto Nazionale per la Documentazione, l’Innovazione e la Ricerca educativa) all’interno del progetto delle Avanguardie Educative.


L’Istituto ha incoraggiato esperienze di Service Learning ed ha recentemente pubblicato il documento “Linee Guida per l’implementazione dell’idea Dentro/fuori la Scuola - Service Learning” nel quale offre un inquadramento teorico generale, indicazioni operative per la progettazione, la realizzazione e la valutazione dei percorsi e strumenti utili per la progettazione di esperienze, oltre ad una vetrina di pratiche.Senza dubbio le Best practices sono un valido spunto da cui partire per realizzare il proprio progetto di Service Learning e l’invito è quello a rendere questa metodologia un autentico motore di cambiamento all’interno delle istituzioni scolastiche.

ERSILIA DI GIACOMO, Docente (felicemente) di sostegno da 25 anni. Mi occupo di inclusione da sempre. Sono stata funzione obiettivo (e questo testimonia della mia vetusta età) e sono attualmente funzione strumentale in questo ambito. Credo nell’aggiornamento professionale. Il mio ultimo master è in educazione interculturale. Ho fatto l’alfabetizzatrice e sono formatrice per i neoassunti per l’Usp di Modena. Vorrei la pensione ma so che poi mi annoierei, dunque resisto!

 

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