“La DaD e lo stress lavoro correlato del personale scuola: implicazioni e possibili soluzioni”

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Una recente indagine sulla popolazione italiana, condotta dall'Istituto Piepoli per il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi (CNOP), registra che il 62% degli italiani pensa che avrà bisogno di un supporto psicologico per affrontare il ritorno alla normalità, dopo i mesi di lockdown per l'emergenza pandemica. 

In particolare, ci sono dei luoghi "cardine" in cui la quasi totalità degli italiani richiede a gran voce la presenza di psicologi, e sono prioritariamente gli ospedali (90%), le strutture per anziani (87%), i servizi sociali (84%), in aiuto ai medici di famiglia e nell'assistenza domiciliare (79%), in aiuto agli studenti (73%), nei luoghi di lavoro (72%). Un numero veramente molto elevato, considerando che, nelle ricerche precedentemente svolte, solo il 40% degli italiani dichiarava di essersi rivolto a uno psicologo per sé o per altri membri della propria famiglia.  In quanti hanno osservato però gli effetti e le conseguenze che la DAD ha avuto sui docenti? Direi nessuno, a cominciare proprio dalle istituzioni. Dall’oggi al domani la categoria professionale ha dovuto adattarsi a una vera e propria emergenza-rivoluzione nel modo di lavorare, insegnare ed educare i giovani a questa affidati. In questo momento di pandemia si sono succedute innumerevoli rilevazioni in merito al disagio delle famiglie senza però rilevare quello provato dai lavoratori della scuola. Al momento infatti non sono presenti rilevazioni di quanto la DaD abbia inciso sullo stress da lavoro correlato del personale della scuola: docenti, amministrativi, collaboratori e tutte le figure di sistema che hanno lavorato in questi mesi in modalità a distanza.  

 In qualità di componente del gruppo di lavoro e ricerca dell’ONSBI (Osservatorio Nazionale Salute e Benessere degli Insegnanti https://www.lumsa.it/osservatorio-nazionale-salute-benessere-insegnanti) e referente regionale della Sardegna, ho potuto rilevare che tale problematica ha aumentato in modo esponenziale la richiesta di aiuto per ciò che concerne un preoccupante stato di burnout provato dalle famiglie ma anche da tutto il personale della scuola e in particolare dai docenti, che si sono rivolti allo sportello d’ascolto ONSBI attivato presso un Istituto scolastico di Sassari. Lo stress correlato al lavoro è una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui possono, dopo un’esposizione prolungata ad una pressione intensa, non sentirsi più in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro. La scuola rappresenta spesso la soluzione a costo zero e mai il problema, salvo poi rendersi conto che le malattie professionali che determinano l’inidoneità all’insegnamento sono psichiatriche all’80% e nei Paesi UE (Francia e Germania) fanno registrare il più alto tasso suicidario tra tutte le categorie professionali. I docenti in questo momento sono allo stremo delle forze dovendo affrontare modalità nuove e in contesti di emergenza. 

 Gli insegnanti sono stati infatti tra le categorie più a rischio burnout a causa della richiesta pressante di attivazione della didattica a distanza: è stato chiesto loro di utilizzare le tecnologie senza aver ricevuto un’adeguata formazione in merito. Si sono spesso svolte formazioni relative alle tecnologie come contenuto e come processo (ci si riferisce alla classificazione di Foster) ma raramente si è avuta la prospettiva della tecnologia come metodo, come un insieme di strategie didattiche al servizio dell’apprendimento. Si è dimenticato spesso che la pandemia ha causato un “tempo sospeso” in cui tutti (alunni ma anche insegnanti) hanno avuto un Bisogno Educativo Speciale: alunni con BES, DSA, Diversamente Abili, digital divided. C’è purtroppo pochissima formazione per i docenti relativamente alla gestione delle emozioni. Decisamente nulla poi, la formazione circa la gestione delle relazioni con le famiglie. Questo è uno dei compiti che svolge l’ONSBI a livello nazionale cercando di rilevare maggiori informazioni possibili sulla consapevolezza del proprio stato di benessere o malessere per capire se si è in una condizione di stress, del livello di carico mentale e fisico e procedere ad effettuare formazioni mirate alla prevenzione e superamento di tali problematiche.

 È stato chiesto ai docenti di “invadere” le case dei loro alunni e di aprire le loro case alle famiglie. In un certo senso si è violata la privacy, delle famiglie e del docente stesso, la sacrosanta libertà di insegnamento, la fiducia nell’opera dell’educatore che in quel momento invece ha i riflettori puntati. Questo ha creato un ulteriore senso di inadeguatezza.È stato chiesto loro di dimenticarsi di essere madri o padri, mogli o mariti, figli e di disattendere, per il bene dei loro studenti, al diritto alla disconnessione. Bisogna sicuramente mantenere la relazione con e per i ragazzi, ma è davvero un compito gravoso a livello psicologico, bisogna avere un buon self control, una buona gestione delle proprie competenze emotive.È stato chiesto loro un sovraccarico di lavoro senza pensare a quanto questo incidesse sul loro sovraccarico cognitivo ed emotivo e, nonostante i singoli insegnanti abbiano dimostrato di mettere in atto diverse reazioni di adattamento, le cosiddette coping strategies, che in una visione ottimistica, vogliono far fronte a questa situazione stressante, non sono sempre state sufficienti a supportare un momento senza dubbio straordinario. La DaD purtroppo ha dimostrato che non è per tutti, spesso acutizza le differenze, le diversità, le disabilità, non è inclusiva. E questo i docenti l’hanno capito quasi subito. È nato e si è rafforzato però un senso di inadeguatezza latente che spinge o all’interno di una competizione oppure sfocia in profonda frustrazione e sconforto. 

Tuttavia, questa situazione è davvero senza soluzione? Cosa si può fare? E come farlo? C’è qualche strategia che si potrebbe imparare magari anche con l’aiuto di un esperto?

Avendo chiaro il presupposto per cui questa non rappresenta solo un’emergenza didattica ma in cui gravano vissuti emotivi e di forte stress del carico lavorativo, sarebbe il caso innanzitutto di focalizzare l’attenzione alla relazione, al restare in contatto, al reciproco riconoscimento dei ruoli tra scuola e famiglia più che al processo di insegnamento/apprendimento, alla valorizzazione della riflessività su quanto fatto, incrementando una reale valutazione autentica. Sarebbe inoltre opportuno che oggi la scuola predisponesse la figura dello Psicologo scolastico o di un Pedagogista che attivino uno sportello d’ascolto e che mettano in atto azioni informative e formative in grado di fornire una risposta, ora on-line e successivamente in una delle stanze della scuola, in termini di competenze in ambito di prevenzione e promozione del benessere.

Barbara Letteri goriziana di nascita, vivo e lavoro a Sassari. Docente nella scuola primaria a tempo indeterminato dal 1994. Laureata in Pedagogia e Psicologia, con specializzazione in Psicologia delle Organizzazioni e delle Risorse Umane. Componente Equipe di lavoro, ricerca nazionale e referente regionale Sardegna ONSBI-Osservatorio Nazionale Salute e Benessere degli Insegnanti- LUMSA di Roma. Libera professionista e formatrice. Esperta in progettazione e realizzazioni percorsi didattici con l’utilizzo delle TIC per il CRS4 Sardegna. Tutor Universitario per laboratorio Tecnologie per la Didattica TFA sostegno e Professore a contratto Facoltà di Scienze Umane Università degli Studi di Sassari. Collaboratore vicario del DS dal 2001/2002 al 2015/2016. Attualmente referente bullismo e cyberbullismo, Master Teacher e Animatore Digitale, componente commissioni PTOF, PdM, RAV, Pari Opportunità e NIV, responsabile Sportello d’Ascolto psicologico IC Pertini Biasi di Sassari. Componente esterno Comitato valutazione dal 2015 con rinnovo per questo triennio. Formatrice INDIRE neo assunti dal 2004. Collaborazione esterna, per progettazione ambienti per la didattica, nella Spin off universitaria TaMaLaCà, Università degli Studi di Sassari Facoltà Architettura di Alghero dal 2005.

 

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