LA COSTRUZIONE DELLA PERCEZIONE SOCIALE DEL RISCHIO AI TEMPI DEL COVID-19 E IL RUOLO DI INTERNET

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“ Adesso siamo a casa.

È portentoso quello che succede.

 

E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.

Forse ci sono doni.

Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.

C’è un molto forte richiamo

della specie ora e come specie adesso

deve pensarsi ognuno. Un comune destino

ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.

O tutti quanti o nessuno.” (cfr. “Nove marzo duemilaventi”, Mariangela Gualtieri).

Il COVID-19, nell’immaginario di taluni un acerrimo nemico, nell’immaginario di talaltri poco più di un antipatico vicino di casa, un rompiscatole, un cugino esotico della semplice influenza, ha portato in auge – come neanche l’enorme questione dei cambiamenti climatici è arrivata a fare - il concetto di rischio. Rischio di contagio, di morte, di panico, di perdita di controllo, di effetti a lungo termine, di tracollo organizzativo ed economico.Il rischio è l’ “eventualità di subire un danno connessa a circostanze più o meno prevedibili” (cfr. www.treccani.it > rischio). Il concetto di rischio, espresso dal Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, D.Lgs. n. 81/2008, art. 2, n. 1, lett. s, si caratterizza della “probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alle loro combinazioni”. In altre definizioni del concetto si rileva l’espressione “combinazione della probabilità”, come a significare la necessità, per il raggiungimento di un possibile rischio, di un’unione di più elementi.

Certo è che il concetto di rischio è connesso al concetto di pericolo e a quello di danno. Nel rischio il danno è più incerto rispetto a quello implicito nel pericolo.In quest’ultimo periodo, mediante mass media e social network, si è dato vita ad accesi scambi comunicativi circa il virus e i suoi effetti, come a voler negoziare significati. Proprio questi significati hanno originato la percezione sociale del rischio legato al fenomeno Coronavirus. “Le conoscenze scientifiche sul rischio qualificano il grado di certezza, o sarebbe meglio dire di incertezza sulla situazione in corso e sulle prospettive. (…) Quando si hanno buone certezze e impatti circoscritti siamo nel dominio delle norme e delle loro applicazioni. (…) Quando, invece, le certezze sono ancora limitate, soprattutto sulle prospettive e i possibili effetti hanno dimensioni potenzialmente molto grandi, allora siamo in un dominio del tutto diverso, in cui la scienza tradizionale è in difficoltà nel proporre azioni efficaci e avrebbe bisogno di tempi lunghi, che mancano a causa dell’urgenza di adottare provvedimenti” (cfr. “La percezione del rischio – Arpae Emilia – Romagna, http://www.arpae.it > quaderni).Si ha la forte percezione che le scelte adottate siano state il prodotto di una reciproca influenza tra diversi fattori: conoscenze, economia, interessi e percezione sociale del rischio.

“Questa interazione è regolata da norme più instabili (ad esempio il principio di precauzione) il cui equilibrio avrebbe bisogno di poggiare su una “scienza post normale”, capace di conclusioni convincenti perché rispettosa di tutti i fattori in gioco anche se molto diversi tra loro.” (cfr. “La percezione del rischio” - Arpae Emilia – Romagna, http://www.arpae.it > quaderni).Secondo quanto sostenuto dal noto professore di Diritto Internazionale ed esperto di Diritto Civile, Ugo Mattei, in un’intervista per Byoblu24 - il video blog di Claudio Messora - a causa dell’emergenza COVID-19, ci troviamo in uno Stato di Eccezione, in cui la sovranità delle fonti giuridiche non è più quella delle fonti nazionali e il fatto che a dichiarare l’attuale situazione di emergenza e a causare una sorta di sospensione dell’ordine costituito, sia stata l’Organizzazione Mondiale Della Sanità - organo internazionale non elettivo, peraltro, di natura scientifica – fa emergere che questa sospensione dell’ordine costituito disloca tutto il potere nella scienza.“quando si sospende la politica in nome della scienza (…) c’è uno Stato di Eccezione che sospende la politica e mette al centro la verità scientifica, e soltanto chi è scienziato può parlare. Gli scienziati parlano sulla base di conoscenze che sono delle ipotesi scientifiche e in quanto tali, proprio perché scientifiche, sono falsificabili, e che però vengono presentate alla pubblica opinione come delle verità. Anche perché c’è bisogno, forse, di sicurezza.” (liberamente tratto dall’intervista “Da questo stato di eccezione non di torna indietro – Ugo Mattei per Byoblu24, https://youtu.be/AJUkkgvlz4o). 

La gestione del fenomeno COVID-19 è risultata, sino a questo momento, nodosa.  In tal modo si è determinata, probabilmente, a causa della viscerale separazione tra due ambiti fondamentali: quello delle conoscenze scientifiche e quello della percezione sociale del rischio. Tanta parte in questo ha avuto la Comunicazione sul rischio. Tanto peso ha avuto il ruolo dei media. Del resto, la percezione sociale del rischio, come anche le sue rappresentazioni, è originata da molteplici fattori ed è storicamente determinata. E nel corrente periodo storico è risaputo quanto e come i mass media possano influenzare la mente e i comportamenti delle persone e condizionarne credenze, atteggiamenti e stili di vita. Gli effetti dei mass media sulla percezione sociale del rischio legato al COVID-19 erano prevedibili. A causa della loro alta prevedibilità i mass media e i social network sono stati strumento per veicolare paure e consapevolezze, che a loro volta, insieme a sistemi valoriali, condizioni economiche e interessi locali, hanno determinato la percezione sociale del rischio e, quindi, atteggiamenti e comportamenti rispetto all’emergenza.  

A questo si aggiunge il fatto che viviamo immersi nella “cultura dell’ottimismo”, continuamente esposti alla falsa positività, alle “good vibes”, al fenomeno denominato “Toxic positivity”, come anche “Fake positivity”, oppure, “Oppressive positivity”. Tutte cose legate all’ossessione per la positività, la quale è un fenomeno altamente distintivo dei social network. “La nostra realtà, infatti, somiglia sempre più a quella vignetta del cane che beve il tè dicendo “This is fine”, mentre la sua casa è in fiamme. La cultura della positività tossica ci potrebbe far finire dritti nell’incendio.”. (cfr. “Come l’ossessione per la positività sta rovinando la nostra salute mentale”, di Jennifer Guerra, https://thelevision.com/cultura/ossessione-positività-social/). Mediante i mass media e i social network, è stato sotto gli occhi di tutti come, nella triste storia dell’epidemia da COVID-19, in tanti abbiano mantenuto un atteggiamento forzatamente positivo -  rispetto ad una paura ancestrale dell’uomo: il male, la malattia, il flagello - reagendo con la negazione, la quale, si sa, compromette l’esame di realtà. Ne sono derivati atteggiamenti di non curanza delle disposizioni preventive e arrischiati comportamenti.

In tutta questa vicenda, Internet si conferma protagonista dello scenario comunicativo e continua ad essere il mezzo (o l’artefice?) per innescare profondi - e probabilmente irreversibili - cambiamenti della nostra epoca.“il guaio è che, quando la scienza sostituisce la politica, la risposta è necessariamente soltanto una risposta tecnologica, perché la scienza produce tecnologia e la tecnologia è il modo attraverso il quale la scienza si trasforma in politica, no’?” (liberamente tratto dall’intervista “Da questo stato di eccezione non di torna indietro – Ugo Mattei per Byoblu24, https://youtu.be/AJUkkgvlz4o). Parte da questo il prof. Ugo Mattei per introdurre la sua idea, secondo la quale, sarebbe in atto la costruzione di una visione basata sulle “virtù salvifiche” delle tecniche di comunicazione virtuali. Tanto da far ipotizzare al noto giurista, un punto di non ritorno dall’attuale “Stato di Eccezione” :“c’è tutta una narrazione del fatto che le tecniche di comunicazione via Internet, per l’appunto, ci possano salvare, possano consentire un ritorno alla normalità che, altrimenti, non sarebbe più possibile (…) questo  sarà un gigantesco trasferimento della vita sociale, dal mondo fisico, dal mondo di relazioni fisiche, al mondo delle relazioni mediate dalla tecnologia, quindi una grande operazione di trasformazione del capitalismo, un capitalismo che si sposta da un capitalismo dei rapporti fisici, reali, ad un capitalismo della rete e delle piattaforme.” (liberamente tratto dall’intervista “Da questo stato di eccezione non si torna indietro – Ugo Mattei per Byoblu24, https://youtu.be/AJUkkgvlz4o).

Anna Rita Cancelli, docente.Laurea in Pedagogia conseguita presso Università del Salento con voto 110/110 e Lode;Master universitario di I livello in “Legislazione Scolastica e Management della Negoziazione” conseguito presso Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Perugia.Perfezionamento in “Storia della Filosofia” conseguito presso Università del Salento.Perfezionamento in “Psicologia di Comunità e Empowerment delle donne. Le identità di genere nell’epoca post-moderna” conseguito presso Università del Salento.Specializzazione biennale  polivalente per le attività di sostegno conseguita presso  Università del Salento.Partecipazione al corso della Provincia di Lecce per “Esperto dell’approccio integrato ai minori a rischio di devianze” nell’anno 1997.Operazione matematica preferita: la sottrazione.

 

 

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