“L’intelligenza emotiva nell’apprendimento efficace: quali le caratteristiche di un compito motivante per un ‘contagio’ tra docente e studente” di Barbara Letteri

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Il termine educazione deriva da educĕre, cioè “trarre fuori” o “tirar fuori ciò che sta dentro”. Anche solo tale definizione fa comprendere bene quanto l’insegnamento tradizionale, di natura comportamentista, che prevede il travaso del sapere dal docente al discente, non sia adeguato a creare studenti consapevoli e capaci di costruire, in autonomia e con responsabilità, il proprio modo di essere, di conoscere e interpretare il mondo. 

 Purtroppo ancor oggi si riscontra spesso questa visione ottusa dell’insegnamento e, nonostante le numerose analisi in merito alla dispersione scolastica, non si effettuano riflessioni costruttive sulla necessità di cambiare il paradigma formativo.

Nell’ambito della stessa filosofia dell’educazione anche Socrate diviene maieuta, in quanto ha compreso che il maestro non agisce, il maestro costringe ad agire e comincia il suo lavoro; interroga, non espone, interroga…. però ha davanti la verità, ha davanti l’“essere”. L’apprendimento in questo caso avviene per “contagio”, per merito del rapporto esclusivo che il maieuta ha con il discente. Questo rapporto virtuoso, e mai completo, determina una grande influenza tra le parti che, se adeguata, aiuta il discente a liberare le proprie migliori potenzialità.

L’educazione si attua infatti principalmente nel rapporto “intenzionale” tra educando e educatore. Citando Jacques Maritain, che ha definito il rapporto educativo in termini di libertà e responsabilità, “l’educando è l’agente principale della sua educazione e l’educatore è colui che, conoscendo la natura umana e la perfezione a cui essa può e deve giungere, aiuta e guida il fanciullo a raggiungere la via della ragione e della libertà. Il fanciullo ha perciò il diritto ad essere educato, perché non è ancora pienamente conscio della sua totale realtà umana e l’educatore ha il dovere di guidarlo a raggiungere la sua libertà di uomo”. 

Questo approccio non risulta però ancora sufficiente a garantire un apprendimento efficace. L’essere umano, infatti, è costantemente sospeso in un flusso pressoché ininterrotto di cognitivo ed emozioni. La qualità delle manifestazioni della nostra sfera emotiva influenza fortemente l’effetto e l’efficacia dei nostri atti mentali, e non solo. In particolar modo sarà Goleman che, inserendosi nel macro filone degli studi sull’intelligenza, arriverà a formulare la teoria sull’intelligenza emotiva.

La stessa definizione di “intelligenza emotiva” fornita da Goleman deve far riflettere, in prima istanza, sul fatto che l’intelligenza non è un dato monumentale, perfettamente oggettivo e oggettivamente misurabile, come si era soliti ritenere a inizio Novecento. L’intelligenza, seppur composta da un insieme di fattori misurabili, che ne costituiscono il nucleo in certa misura invariabile, è però allo stesso modo influenzata positivamente o negativamente da un insieme vasto di fattori. 

Questa doppia natura dell’intelligenza è un dato di assoluta rilevanza da un punto di vista pedagogico e didattico, perché ci porta a rimettere in discussione molti aspetti del processo educativo. A tale proposito, Goleman definisce l’intelligenza emotiva come “la capacità di ognuno di identificare, impiegare, intendere e regolare in maniera consapevole le proprie e altrui emozioni”. Infatti il saper riconoscere le proprie emozioni consente anche di saperle modulare e sfruttare in maniera positiva. Ciò determina la direzione, la forza e la persistenza della motivazione, che sostiene l’azione propria del processo di insegnamento-apprendimento.

Ogni insegnante non solo, quindi, dovrebbe essere in grado di riconoscere e interpretare le emozioni degli studenti, al fine di minimizzarne gli effetti negativi sui risultati scolastici, ma dovrebbe altresì promuovere e sviluppare, attraverso apposite attività, ma più in generale in maniera oculata in ogni ambito della vita scolastica, l’empatia fra tutti i soggetti della classe, il dialogo emotivo e l’ascolto attivo. Il riconoscimento e la verbalizzazione delle emozioni negative consentono di aumentare la fiducia in se stessi; l’autocontrollo e la capacità di alimentare le emozioni positive e motivanti sono inoltre tratti essenziali nella gestione delle emozioni e nel processo di insegnamento-apprendimento.

Siccome le emozioni, come visto, sono, o per lo meno possono essere in sé, i principali motivatori per gli esseri umani, è allora di cruciale importanza che ogni compito, che un docente affidi ad un discente, in certa misura, debba far leva su fattori motivanti o esperienze emotive: un compito siffatto è il cuore di ciò che si definisce “apprendimento efficace”. 

Quali sono però le caratteristiche di un compito motivante?

Innanzitutto il compito deve essere vario, ovvero il docente deve utilizzare una varietà di strumenti, tecniche e strategie per motivare l’alunno rispondendo al contempo ai differenti stili di apprendimento (ad es. un video, un audio, una mappa, un’infografica, la didattica laboratoriale, ecc.). Deve essere inoltre identificabile, ovvero all’interno di un lavoro di gruppo il docente deve sapere qual è stato il contributo di ciascun membro e deve valorizzarlo all’interno della classe. 

Contemporaneamente il compito deve avere significatività, cioè ogni componente deve essere consapevole dell’impatto del proprio lavoro sul compito di altre persone (ad esempio in un lavoro collaborativo).  Tali caratteristiche permettono di aumentare la fiducia in sé, l’autostima e il senso di autoefficacia di un alunno.

Inoltre il docente deve fornire ex ante indicazioni precise sullo svolgimento del compito, nonché fornire il materiale necessario allo svolgimento dello stesso, stando molto attento a due ultime cose: deve lasciar lavorare lo studente autonomamente esprimendo la propria libertà, indipendenza e discrezionalità della progettazione dell’attività; solo se necessario il docente deve intervenire, mantenendo però il suo ruolo di facilitatore dell’apprendimento. 

Infine è di grandissima importanza il feedback, ovvero il docente deve fornire chiare e dirette informazioni sull’efficacia della prestazione e informare gli alunni preventivamente circa la griglia di valutazione che adopererà nella fase di valutazione del compito, motivando così il processo autovalutativo.

Per concludere il docente deve essere colui che guida l’apprendimento significativo dell’alunno, che vede nel docente stesso un modello di riferimento. Kierkegaard riassume la sua teoria educativa in queste parole: “stando solo con l’aiuto di un altro si ha sempre bisogno di una stampella. Si deve, invece, stare soli, con l’aiuto di un altro. Il rapporto con l’altro è necessario, però bisogna stare sulle proprie gambe. L’educazione è rendere l’altro autonomo e l’educatore deve capire che è soltanto colui che accompagna al bivio delle scelte”.

Barbara Letteri goriziana di nascita, vivo e lavoro a Sassari. Docente nella scuola primaria a tempo indeterminato dal 1994. Laureata in Pedagogia e Psicologia, con specializzazione in Psicologia delle Organizzazioni e delle Risorse Umane. Componente Equipe di lavoro, ricerca nazionale e referente regionale Sardegna ONSBI-Osservatorio Nazionale Salute e Benessere degli Insegnanti- LUMSA di Roma. Libera professionista e formatrice. Esperta in progettazione e realizzazioni percorsi didattici con l’utilizzo delle TIC per il CRS4 Sardegna. Tutor Universitario per laboratorio Tecnologie per la Didattica TFA sostegno e Professore a contratto Facoltà di Scienze Umane Università degli Studi di Sassari. Collaboratore vicario del DS dal 2001/2002 al 2015/2016. Attualmente referente bullismo e cyberbullismo, Master Teacher e Animatore Digitale, componente commissioni PTOF, PdM, RAV, Pari Opportunità e NIV, responsabile Sportello d’Ascolto psicologico IC Pertini Biasi di Sassari. Componente esterno Comitato valutazione dal 2015 con rinnovo per questo triennio. Formatrice INDIRE neo assunti dal 2004. Collaborazione esterna, per progettazione ambienti per la didattica, nella Spin off universitaria TaMaLaCà, Università degli Studi di Sassari Facoltà Architettura di Alghero dal 2005.

 

 

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