Il docente di scienze - “Influencer Scientifico” …al tempo del Covid -19

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L’anno scolastico e appena ripartito nel segno dell’incertezza: l’emergenza Covid-19 non è ancora finita. I giornalisti (e talvolta anche qualche “esperto”) hanno comunicato in maniera non sempre esatta, creando confusione. L’educazione scientifica è affrontare e sconfiggere anche il virus dell’informazione scorretta o decontestualizzata, come ha fatto decine di altre volte in passato. Ma occorre tempo. 

 Agli insegnanti, in primis, il compito di raccontare il metodo scientifico e di aiutare tutti gli studenti, a cominciare dai bambini a gestire la complessità, perché no, proprio a partire dalla vicenda della pandemia generata dal virus “con la corona”, attraverso i diversi ordini di scuola per formare e preparare i cittadini di domani che dovranno affrontare con più consapevolezza le sfide a cui la natura ci invita. 

Dopo le fatiche del lockdown, il nuovo anno scolastico si è avviato in un clima di grande consapevolezza, nuove regole, organizzazione logistica diversa a seconda del grado di scuola, ma anche tante criticità dovute ad un impianto logistico della scuola italiano che spesso non è stato al primo posto delle politiche scolastiche, sull’intero territorio nazionale si assiste ad un panorama a macchie di leopardo con alcune isole felici e molte aree a tinte fosche .

 La scienza ci fornisce tutti gli strumenti (scientifici e tecnici) per maneggiare questa complessità. E’ mancata la visione d’insieme: la complessità ha bisogno di tempo. 

Esaminiamo insieme Cos’è Covid-19: 

è un virus, non è un essere vivente autonomo. È qualcosa che per riprodursi ha bisogno di entrare in una cellula e prendere il controllo dei suoi meccanismi così da indurla a produrre molte copie del virus stesso. Il nuovo coronavirus fa esattamente questo e, in particolare, è abile a penetrare e ingannare le cellule del tratto respiratorio. 

Esistono molti tipi di coronavirus e possono causare malattie che vanno da un semplice raffreddore – facilmente guaribile – a malattie gravi come la SARS. Il nuovo coronavirus è un po' una via di mezzo. Si chiama così perché CO sta per corona (la sua caratteristica “estetica”), VI per virus, D per Disease (‘patologia’ in inglese) e -19 perché è stato isolato nel 2019. Sulla superficie esterna del virus ci sono delle protuberanze che formano una specie di corona (da cui l’appellativo corona-virus): si tratta di proteine che funzionano come una chiave. 

Ogni chiave apre una serratura. Nel caso dei virus la serratura è un recettore, una macromolecola incastrata sulla superficie esterna delle cellule del nostro corpo. Aperta la serratura il virus ha la strada spalancata all’interno della cellula, che viene così manipolata e usata per ‘fotocopiare’ il virus stesso e diffonderlo in tutto il corpo.
Il Covid-19 causa sintomi seri in circa il 15-18% della popolazione, un dato significativo che ci impone di prendere questa nuova malattia con molta attenzione e misurarci con essa. Quando colpisce innesca una infiammazione molto pericolosa che mette in crisi anzitutto i polmoni e poi il cuore e altri organi. Dunque non è un raffreddore pesante né tantomeno una normale polmonite.

Cerchiamo ora di contestualizzare questo virus.

 Fino a qualche tempo fa questo virus si trovava esclusivamente negli animali, non aveva la capacità di infettare le cellule umane. In natura è perfettamente normale che una malattia passi da un essere vivente a un altro: questo fenomeno si chiama zoonosi e riguarda malattie infettive che si trasmettono dagli animali vertebrati all’uomo, causate da batteri, virus, parassiti o altri tipi di patogeni. Il salto può avvenire per stretta vicinanza (quando l’uomo inizia ad addomesticare quell’animale) o tramite acqua e cibi contaminati. 

Il salto di specie, che in gergo si chiama ‘spillover’, quasi sempre usa un virus ed è un processo naturale che funziona in modo splendido (la natura è sempre spettacolare nella sua efficienza!) con i virus a RNA, come i coronavirus, che sono “bestioline” semplici e dunque agilissime nel mutare rapidamente per acquistare la capacità di infettare le cellule umane, diverse dalle cellule dell’animale di partenza. 

Noi Sapiens conviviamo da millenni con le zoonosi: peste bubbonica, vaiolo, HIV, difterite, rabbia, malattia di Lyme, aviaria, morbillo, salmonellosi… sono decine le malattie che arrivano dagli animali. Ogni volta che un virus ha attaccato l’uomo, abbiamo trovato il modo per difenderci, con i farmaci, ma soprattutto con i vaccini e la prevenzione. Quest’ultima si attua attraverso norme di comportamento, a tutti i livelli, come già accade per circoscrivere la salmonellosi o l’aviaria, per esempio.

Cosa fare per rendere impotente questo virus 

Per sconfiggere il Covid-19 gli scienziati stanno lavorando alacremente in più direzioni contemporaneamente con uno sforzo, una intensità e una condivisione dei risultati a livello mondiale che probabilmente non ha pari nella storia del progresso scientifico della medicina.
Ricercatori e medici stanno sfidando il virus su tre fronti. 

Prima di tutto si occupano di capire come bloccare la diffusione del virus da parte di chi è stato colpito ma ancora non ha sintomi: per questo gli strumenti sono tamponi, test, distanze, mascherine, pulizia di ambienti e superfici, strumenti informatici di tracciamento di chi si scopre contagiato, gestione della quarantena (su questi ultimi due c’è, dobbiamo dirlo, troppa disattenzione sia da parte delle istituzioni che da parte dei cittadini). 

Il secondo fronte riguarda il miglioramento e la velocizzazione delle diagnosi (il virus colpisce in modi diversi) per correre ai ripari con farmaci, vecchi o nuovi, con terapie e protocolli di trattamento del malato. La sfida più grande, infine, è agire sulla serratura: istruire il sistema immunitario a riconoscere il virus prima che abbia modo di entrare nella cellula.

Discernere tra le informazioni 

Per settimane abbiamo ricevuto quotidianamente, attraverso i media, uno stillicidio di numeri. Perfettamente inutili e spesso anzi fuorvianti: dare i numeri raccolti giorno per giorno non serve a nulla (è l’analisi ponderata del quadro d’insieme che può fornire indicazioni di strategia) e la raccolta disomogenea, senza un parametro condiviso rende quei numeri inservibili ai fini scientifici. Spesso i numeri sono serviti alla propaganda di questa o quella parte. 

La scienza si basa sulla statistica, sulla ripetizione di un certo fenomeno, sulla sua frequenza, sui numeri e sui dati raccolti in modo “anonimo” e con dei protocolli stabiliti prima di iniziare la raccolta stessa. Inoltre, quando usata male (per ignoranza o a scopo manipolatorio), la statistica può essere issata a vessillo di ogni posizione, specialmente quando abbinata alle esperienze personali: se non conosci nessuno che sia stato in terapia intensiva non vuol dire che non ci siano state tantissime persone in terapia intensiva. Allo stesso modo se in un determinato ospedale i malati di Covid-19 diventano zero non vuol dire che la pandemia sia terminata, così come, se qualcuno usa un farmaco e "si sente meglio", non significa che quel farmaco funzioni. 

La nostra esperienza personale è solo un dato, un minuscolo numero, l'infinitesima ripetizione dello stesso esperimento. È l’insieme che – forse – può valere qualcosa e chi valuta e analizza deve attenersi a quanto indicano i dati affidabili, senza coinvolgimento emotivo, altrimenti rischia di cadere in quello che viene chiamato confirmation bias, cioè quel fenomeno cognitivo per cui nel proprio sguardo sulla realtà si tendono a confermare convinzioni personali acquisite; esso è in agguato anche nelle menti degli scienziati migliori. 

Per questo la scienza è un lavoro di gruppo: ci si corregge e ci si monitora a vicenda. Ma ci vuole tempo, e gli scienziati seri parlano solo DOPO che l’esperimento è concluso, verificato, corretto, condiviso con i colleghi.

Come trasformare la pandemia in una sfida per la conoscenza, una risorsa di miglioramento della qualità di vita dell’uomo e un valore aggiunto per la sensibilità perso la natura tutta. 

Nel nostro Paese c'è una carenza di educazione scientifica. È una carenza trasversale, coinvolge e travolge tanti senza badare al censo o al grado di istruzione. Non si tratta tanto di una carenza di nozioni scientifiche (che sarebbe in parte giustificabile) ma soprattutto di una scarsa conoscenza dei processi logici che sostengono il ragionamento scientifico e dunque sul suo metodo.
Da dove viene questa carenza di familiarità con il metodo scientifico? 

Forse dipende dal fatto che in molti casi, in tutti gli ordini di istruzione, si potrebbe lavorare con maggiore focus sui processi che sottendono le acquisizioni scientifiche piuttosto che sulla conoscenza delle singole nozioni. Forse ha però anche a che fare con il fatto che davanti alla scienza la nostra vita appaia quasi sempre insignificante: ciascuno di noi sulla Terra, da un punto di vista strettamente scientifico, è come un granello di sabbia sulla spiaggia: è solo un numero. 

La scienza scavalca il nostro egocentrismo e questo probabilmente la rende così "spaventosa" e apparentemente distante. Soprattutto le risposte che la scienza offre (sempre risposte momentanee) spesso ci chiedono di uscire dalla nostra zona di comfort. Ovvero confrontarci con la complessità e con il diverso. Un confronto aperto al cambiamento di sguardo e di convinzioni è da sempre faticoso, per il mondo adulto. Per i bambini molto meno. 

Per questo l’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo può e deve diventare ottima occasione di allenamento per grandi e piccoli alla curiosità, di esercizio al confronto continuo per irrobustire l’attitudine al cambiamento di sguardo, alla possibilità di interrogarci e lasciarci stupire da dati inattesi.

Consigli didattici

Utilizzare il canale you tube per ascoltare video conferenze ad interesse scientifico: 

medici, genetisti, ingegneri, chimici, economisti e informatici raccontano la propria ricerca e le sue ricadute per la cittadinanza, in termini di sicurezza e prevenzione, ma anche di ricadute economiche e ambientali. Dal riciclo dei dispositivi di protezione individuale ai modelli di previsione sull’andamento epidemiologico la ricerca dell’Università di Trieste, in collaborazione con gruppi di ricerca nazionali e internazionali, si è dedicata tanto all’impiego di nuovi strumenti e sistemi di contrasto alla diffusione del Coronavirus, quanto allo sviluppo di progetti a vantaggio della vita sociale e lavorativa della popolazione e al coinvolgimento diretto di imprese e istituzioni.

Leggere articoli di interesse scientifico sul tema del momento: 

https://www.unicam.it/scienzaelode/ricerca/fisica-e-coronavirus........

(….) la fisica quantistica dei sistemi complessi giunge in aiuto per la comprensione dei meccanismi di diffusione del contagio da coronavirus e della efficacia delle misure di contenimento. Analizzando i dati ufficiali sui tempi di raddoppio del numero dei contagi, si è giunti a confermare in pieno l’efficacia delle misure di contenimento adottate in Cina e Corea del Sud, mentre in Italia non si è ancora giunti alla posizione ottimale.

 Estato quindi introdotto un nuovo metodo di analisi tipico della fisica, che si può affiancare alle analisi statistiche e biologiche, per aumentare ancora di più le conoscenze su questa problematica.

http://www.istitutoparini.it/il-nostro-docente-di-scienze-naturali-in-prima-linea-contro-il-corona-virus/

https://www.uniba.it/ricerca/dipartimenti/biologia/la-scienza-ai-tempi-del-coronavirus-riflessioni-del-professore-emerito-mariano-rocchi

Utilizzare siti scientifici: 

www.scienzainrete.it

www.rockscience.it 

Cattivi Scienziati.com

Tanti sono gli strumenti, tanto il materiale per un unico intento formare teste pensanti e contribuire al pensiero critico dei cittadini di domani.

Serrone Maria, docente di scienze integrate presso ISS Ferraris -LS.OSA Rita Levi Montalcini, ho conseguito la maturità classica e quella magistrale, sono laureata in Biologia, ho maturato alcune esperienze presso il policlinico di Bari come ricercatrice; sono stata consulente come esperta per un ente di formazione che eroga corsi per ottici ed optometristi per diversi anni. Ho iniziato la carriera scolastica nella scuola superiore di primo grado, ho svolto il primo anno di ruolo nella scuola materna, esperienza veramente unica e formatrice. infine sono entrata in ruolo nella scuola superiore nel 2008. Nel 2009 sono arrivata all’istituto Lotti e mi hanno affidato il ruolo di coordinatrice del dipartimento scientifico. Negli anni ho continuato a svolgere il compito di coordinatore, ho assunto il ruolo di funzione strumentale area 1 per diversi anni, ora seguo i lavori del PTOF, sono referente per Invalsi e curo la parte riferita agli esiti nel RAV. Collaboro alla stesura del PDM insieme ad altri colleghi. Dopo la mia prima esperienza digitale con la formazione a tutor Didatech a Napoli, ho iniziato ad avvicinarmi alla didattica digitale, da diversi anni faccio parte del team digitale, ho maturato la mia esperienza come docente in classi digitali e ho svolto il ruolo di esperto anche in PON che trattavano questo tema. Nello staff di dirigenza ho il compito di coinvolgere i colleghi all’uso della didattica digitale, attraverso azioni di diverso tipo tra cui condivisione di buone pratiche e la pubblicazione di una news letter mensile con suggerimenti a tema.
PS. Nel tempo libero sono una speleologa e cerco di coinvolgere quanti fossero interessati al mondo speleologico.

 

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