Il coding è per tutti: Pensiero computazionale e trasversalità disciplinare

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Il coding è per tutti: Pensiero computazionale e trasversalità disciplinare……Da  qualche anno questo termine è entrato nel gergo comune della didattica a scuola a cominciare dalla scuola dell’infanzia, l’articolo vuole ripercorrere  le tappe principali che hanno condotto all’utilizzo di questo strumento al fine di implementare le competenze disciplinari attraverso l’amplificazione del pensiero computazionale

.Gli studi condotti sul  coding hanno condotto gli addetti ai lavori a pensare che potesse  essere introdotto a scuola come attività trasversale perché trasversale è la competenza che consente di sviluppare. L’adozione del coding come attività  per esemplificare concetti e descrivere procedure per risolvere problemi e trovare soluzioni può essere affidata agli insegnanti di qualsiasi disciplina, tale attività, infatti, non richiede competenze informatiche specifiche, si impara, in un’ottica interdisciplinare, mescolando insieme,  creatività e fantasia con logica e matematica. Il coding si applica sia alle materie scientifiche sia a quelle letterarie ed è una strategia che permette di catturare l’attenzione degli alunni che, giocando, imparano a risolvere un problema, più o meno complesso in base alla fascia di età. 

Nel 1996, Papert parlando di LOGO, il linguaggio di programmazione da lui sviluppato al MIT per insegnare la programmazione ai bambini, introduce per la prima volta il concetto di pensiero computazionale o “computational thinking”. L’obiettivo di Papert nella realizzazione di LOGO, non era di formare generazioni di programmatori di computer, ma quello di utilizzare il computer e la programmazione (coding) come ambiente per “imparare a imparare“.Non tutti imparano a scrivere per diventare scrittori o a contare per diventare matematici, e non tutti imparano i principi dell’informatica e del pensiero computazionale per diventare informatici. Il pensiero computazionale, ovvero la capacità di imparare, è un’abilità applicabile ad ogni disciplina ed è utile a tutti, studenti e non, in molti comportamenti quotidiani.“Anche se la tecnologia giocherà un ruolo fondamentale nella realizzazione della mia visione del futuro dell’educazione, il mio obiettivo principale non riguarda la macchina ma la mente, e in particolare il modo in cui le culture e i movimenti intellettuali si definiscono e crescono. In effetti, il ruolo che do al computer è quello di un portatore di “germi” o “semi” culturali i cui i prodotti intellettuali non avranno più bisogno di supporto tecnologico una volta messe le radici in una mente in fase di crescita”.… poiché una mente non può crescere molto se si limita soltanto ad accumulare conoscenze, ma deve inventarsi anche i modi per poter sfruttare al meglio le conoscenze già possedute.” (PRINCIPIO DI PAPERT) In merito al coding Mitchel Resnick: sviluppatore del linguaggio di programmazione, chiamato Scratch dice:“Quando si diventa fluenti a leggere e scrivere non lo si fa solamente per diventare uno scrittore di professione. Ma imparare a leggere e scrivere è utile a tutti. Ed è la stessa cosa per la programmazione. La maggior parte delle persone non diventerà un esperto di informatica o un programmatore, ma l’abilità di pensare in modo creativo, pensare schematicamente, lavorare collaborando con gli altri […] sono cose che le persone possono usare, indipendentemente dal lavoro che fanno”.Per pensiero computazionale si intende una attitudine mentale, un processo mentale che consente di  risolvere problemi di varia natura seguendo metodi e strumenti specifici.

Sostanzialmente Il pensiero computazionale è la capacità di risolvere un problema pianificando una strategia. Come spiega la scienziata americana Jeannette Wing, significa “pensare come un informatico, in modo algoritmico e a livelli multipli di astrazione”.Il pensiero computazionale è un processo logico-creativo che consente di scomporre un problema complesso in diverse parti, più gestibili se affrontate una per volta. Trovando una soluzione a ciascuna di esse è possibile risolvere il problema generale.Pensare in modo computazionale significa suddividere il processo decisionale in singoli step, ragionare passo passo sul modo migliore per ottenere un obiettivo. Una comportamento che in realtà –  quasi senza accorgercene – mettiamo in atto tutti i giorni, per esempio quando stabiliamo il percorso più breve per raggiungere una destinazione oppure, più semplicemente, quando giochiamo ai videogiochi e dobbiamo elaborare un piano per superare un livello.Spesso sentiamo parlare del binomio Coding e pensiero computazionale, potremmo dire che il coding è la palestra del pensiero computazionale che va stimolato e allenato sin da piccoli. Molti educatori lo considerano addirittura un’abilità di base come leggere, scrivere e contare. Per questo dovrebbe essere insegnato – come già accade in diverse zone del mondo e in parte anche in Italia – fin dai primi anni di scuola.Il coding aiuta i più piccoli a pensare meglio e in modo creativo, stimola la loro curiosità attraverso quello che apparentemente può sembrare solo un gioco. Il coding consente di imparare le basi della programmazione informatica, insegna a “dialogare” con il computer, a impartire alla macchina comandi in modo semplice e intuitivo. Il segreto sta tutto nel metodo: poca teoria e tanta pratica.

L’obiettivo non è formare una generazione di futuri programmatori, ma educare i più piccoli al pensiero computazionale, che è la capacità di risolvere problemi – anche complessi – applicando la logica, ragionando passo passo sulla strategia migliore per arrivare alla soluzione.Il coding a scuola sta gradualmente ritagliandosi uno spazio nella didattica non solo perché educa bambini e ragazzi al pensiero creativo, ma anche per un suo risvolto pratico. Perché ha a che fare con la nostra quotidianità, con molti oggetti che utilizziamo abitualmente e che riteniamo ormai indispensabili. Smartphone, tablet, videogiochi, persino elettrodomestici come la lavatrice o il forno a microonde funzionano grazie a un codice informatico, a una sequenza ordinata di istruzioni.Le app per il coding consentono di imparare a programmare in modo pratico, divertente e spesso anche gratuito. Niente teoria, il coding si “studia” mettendosi in gioco – è proprio il caso di dirlo – davanti a un computer o allo schermo di un tablet. Internet, come ormai per la maggior parte di cose che facciamo durante le nostre giornate, offre molte opportunità: sono centinaia, infatti, le risorse disponibili in rete per avvicinarsi alla programmazione e al pensiero computazionale.

Tante le app utili per il coding; Scratch Junior, Daisy the Dinosaur, Cargo-Bot , Kodable, Move the Turtle, ecc. Non solo app per il coding, infatti sul web esistono interi siti dedicati alla programmazione, per esBlockly è un ambiente di programmazione visuale che consente di apprendere le basi della programmazione in modo facile. Un ambiente di programmazione visuale consente di apprendere le basi della programmazione senza scrivere nemmeno una riga di codice informatico. È come se imparassimo una lingua straniera senza conoscere la grammatica di quella lingua. Blockly è un software di Google che consente di fare proprio questo: imparare a programmare senza la necessità di conoscere il codice informatico. Ogni volta che noi utilizziamo un blocchetto, Blockly genera automaticamente il codice corrispondente che farà muovere il nostro personaggio sullo schermo o il nostro androide secondo le istruzioni che gli abbiamo impartito: andare dritto, girare a destra o a sinistra, comportarsi in un certo modo al verificarsi di una determinata condizione. Un insieme di blocchetti in sequenza consentono al nostro automa o al nostro personaggio sullo schermo di comportarsi in un certo modo. Tra i robot per bambini che si programmano con Blockly ci sono per esempio Dash and Dot, due robot per il coding a scuola. Con il coding entra in campo la robotica educativa, quest’ultima  facilita lo studio delle materie scientifiche e tecnologiche a partire dai primi anni di vita, avvicinando i più piccoli al mondo della robotica. Gli strumenti di cui si serve sono ovviamente i robot. Di varie forme e dimensioni, già assemblati o da costruire, ma tutti programmabili. È proprio questa la caratteristica che li rende educativi. Determinando movimenti e comportamenti del robot, gli studenti sviluppano le proprie abilità logiche e creative in un contesto di gioco, favorendo lo sviluppo, come nel coding, del pensiero computazionale.

L’interesse per il coding a cominciare dalla scuola dell’infanzia è dimostrato dal numero di docenti iscritti alla  piattaforma EMMA, dove coding e robotica si studiano on line. EMMA in poco tempo ha registrato un vero e proprio boom di iscritti. Nasce da un’idea dell’Università Federico II di Napoli che, in collaborazione con altri undici partner europei, ha promosso un progetto pilota finanziato dall’UE con l’obiettivo di sperimentare nuovi metodi di insegnamento e apprendimento basati sui Mooc, corsi online aperti a tutti, incentrati su argomenti diversiLa piattaforma EMMA in realtà non è solo una piattaforma per il coding: è infatti un aggregatore di corsi di e-learning offerti da un gruppo di provider e rivolti prevalentemente a docenti di ogni livello, dalla scuola primaria all’Università.Il suo punto di forza – per dirla con le parole di Rosanna De Rosa, coordinatrice del progetto – sta nella sua dimensione “paneuropea”: la piattaforma EMMA offre infatti un servizio di traduzione automatica dei corsi in otto lingue (inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, polacco, estone, catalano), con un controllo dei contenuti fatto da docenti madrelingua.In un solo anno, tra il 2015 e il 2016, EMMA ha raddoppiato il numero di iscritti, raggiungendo ad aprile 2016 quota 20 mila, il 73% dei quali ha partecipato ad almeno un corso.

Chi ha l’opportunità di conoscere la piattaforma Emma  si imbatterà nei Mooc erogati dall’Università di Urbino e coordinati dal professor  A. Bogliolo. La programmazione è il linguaggio delle cose, che ci consente di scrivere programmi per concedere nuove funzionalità alle decine di miliardi di oggetti programmabili che ci circondano. La programmazione è il modo più veloce per realizzare le nostre idee nonché il modo più efficace per sviluppare capacità di pensiero computazionale. Tuttavia, la tecnologia non è strettamente necessaria per sviluppare il pensiero computazionale, ma è piuttosto quest'ultimo a essere una capacità essenziale per far funzionare la tecnologia. ( di Alessandro Bogliolo). Fare coding a scuola, ma senza computer. Sembrerebbe un ossimoro, o quanto meno una contraddizione in termini, eppure non solo questo è possibile, ma è anche molto utile nel processo mirato all’acquisizione del pensiero computazionale.

Stiamo parlando del così detto coding unplugged, un’etichetta che definisce ogni attività di apprendimento e insegnamento dei principi della programmazione che non prevede l’utilizzo di dispositivi elettronici, come computer o tablet.Per fare coding unplugged può bastare un foglio di carta a quadretti, qualche matita colorata e tanta fantasia.Il coding unplugged ha un primo indubbio vantaggio pratico: non richiede attrezzature elettroniche – computer, tablet o smartphone – di cui spesso le scuole non dispongono, o non in numero sufficiente.L’apprendimento del coding senza computer è però propedeutico anche a quello davanti allo schermo. I bambini fanno pratica con giochi di gruppo coinvolgenti, accedendo in modo naturale ai meccanismi alla base dei linguaggi di programmazione che saranno pronti a tradurre al computer con Scratch e gli altri linguaggi grafici pensati specificamente per l’apprendimento.

Alcune proposte di attività di coding unplugged sono :Pixel art

Il pixel è l’unità fondamentale di rappresentazione di un’immagine digitale. Immaginate lo schermo del vostro computer o smartphone come un reticolo formato di tante caselline, ognuna delle quali può assumere un diverso colore, fino a definire un’immagine.Lo stesso principio, ma più in piccolo, può essere applicato attraverso la pixel art. Agli alunni, in questo caso, verrà richiesto di partire da un reticolo disegnato sui quadretti del proprio quaderno, simile allo schema di una battaglia navale, e colorare soltanto gli spazi necessari per comporre l’immagine desiderata, ad esempio quella del proprio personaggio preferito.Questo è solo il primo passo della pixel art. Quello successivo è trasformare questa operazione in una sequenza di istruzioni, pensate per far sì che anche un altro alunno che non conosce in anticipo il soggetto del disegno possa riprodurlo con sicurezza.Il metodo operativo è stato ben spiegato da Alessandro Bogliolo, docente dell’Università di Urbino e ambasciatore del pensiero computazionale attraverso iniziative come la Europe Code Week

Percorso a ostacoli

Ripartiamo dal reticolo di cui abbiamo parlato precedentemente, ma stavolta immaginiamo che si tratti del pavimento piastrellato di un’aula. Gli alunni saranno le “pedine” del gioco, ai quali altri alunni dovranno dare le istruzioni per raggiungere un traguardo – obiettivo.Un esempio di percorso a ostacoli è quello di Cappuccetto Rosso, che deve portare il pranzo alla nonna senza perdersi nel bosco e senza finire mangiata dal lupo. Tracciato il reticolo e piazzati gli ostacoli lungo il percorso, saranno gli stessi alunni, magari collaborativamente, a scrivere le istruzioni per permettere alla loro compagna di raggiungere il traguardo: 2 passi avanti, un passo a sinistra, altri due passi avanti, e così via.

Scrivere un algoritmo

Il precedente esercizio rappresenta un algoritmo, ovvero una serie di istruzioni elementari che, se eseguite correttamente, permettono di risolvere un problema o raggiungere un obiettivo.
Pensate a una qualsiasi attività, anche la più semplice, come preparare lo zaino per andare a scuola, o riordinare la propria stanza dai giochi. Ognuna di queste azioni contiene al suo interno una serie di micro-azioni codificabili:

  • muoversi di due passi avanti verso il quaderno
  • prendere il quaderno con la mano destra
  • muoversi di due passi a sinistra verso lo zaino
  • utilizzare la mano sinistra per aprire lo zaino
  • infilare il quaderno nella mano destra dentro la cartella

e così via.

Qualche ulteriore esempio di attività di coding unplugged:

Programma il Futuro – Alcune lezioni di coding unplugged già pronte e che non necessitano del computer per essere svolte.
CS Unplugged – In lingua inglese, con molti esempi di attività ed esercizi di coding unplugged da svolgere in classe.
Cercatori di Energia – Un gioco da tavolo simile al gioco dell’oca, ma col coding al posto dei dadi!
Smartcoding – Un documento PDF che raccoglie alcuni utili spunti per organizzare coinvolgenti lezioni di coding unplugged

Il crescente interesse per il coding è dimostrato dal numero di eventi che vengono erogati durante la european code week, a tal proposito la Commissione Europea, per tramite di European Schoolnet, ha avviato un programma di formazione per docenti orientato alla partecipazione a Europe Code Week e, più in generale, all’introduzione del coding nella didattica. Le azioni prevedono:

  1. la costituzione di una rete di docenti-facilitatori, chiamati leading teachers, che offrano esempio e supporto ai colleghi in tutti gli stati membri;
  2. l’erogazione di MOOC organizzati in collaborazione con l’Università di Urbino;
  3. l’organizzazione di una Summer School internazionale a Bruxelles.

I docenti che hanno avuto l’opportunità e la volontà di prendere parte alla prima Summer School dedicata a CodeWeek, nel mese di agosto 2019, sono stati invitati a fare tesoro dell’esperienza vissuta creando opportunità di formazione tra pari a beneficio dei docenti loro connazionali. La novità della piattaforma dedicata è proprio la condivisione di tantissime buone pratiche realizzate in ogni ordine di scuola, la piattaforma ha così  permesso una crescita esponenziale delle scuole aderenti all’iniziativa grazie anche alla formula diversa: evento – festa; infine la condivisione tra pari favorisce la qualità delle attività proposte che sono frutto di esperienza in campo e non di mera imposizione.  

Serrone Maria, docente di scienze integrate presso Lotti Umberto I di Andria, ho conseguito la maturità classica e quella magistrale, sono laureata in Biologia, ho maturato alcune esperienze presso il policlinico di Bari come ricercatrice; sono stata consulente come esperta per un ente di formazione che eroga corsi per ottici ed optometristi per diversi anni. Ho iniziato la carriera scolastica nella scuola superiore di primo grado, ho svolto il primo anno di ruolo nella scuola materna, esperienza veramente unica e formatrice. infine sono entrata in ruolo nella scuola superiore nel 2008. Nel 2009 sono arrivata all’istituto Lotti e mi hanno affidato il ruolo di coordinatrice del dipartimento scientifico. Negli anni ho continuato a svolgere il compito di coordinatore, ho assunto il ruolo di funzione strumentale area 1 per diversi anni, ora seguo i lavori del PTOF, sono referente per Invalsi e curo la parte riferita agli esiti nel RAV. Collaboro alla stesura del PDM insieme ad altri colleghi. Dopo la mia prima esperienza digitale con la formazione a tutor Didatech a Napoli, ho iniziato ad avvicinarmi alla didattica digitale, da diversi anni faccio parte del team digitale, ho maturato la mia esperienza come docente in classi digitali e ho svolto il ruolo di esperto anche in PON che trattavano questo tema. Nello staff di dirigenza ho il compito di coinvolgere i colleghi all’uso della didattica digitale, attraverso azioni di diverso tipo tra cui condivisione di buone pratiche e la pubblicazione di una news letter mensile con suggerimenti a tema.
PS. Nel tempo libero sono una speleologa e cerco di coinvolgere quanti fossero interessati al mondo speleologico.

 

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