Musica e inclusioneTeorie, strategie didattiche e riflessioni pedagogiche alla luce del testo “Musica a scuola e Disturbi Specifici dell’Apprendimento”, di Carmelo Farinella

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L’effetto della musica, e dell’arte in generale, sulla psiche e sull’animo umano sono noti fin dall’antichità.

Oggi i mezzi di cui dispone la scienza medica riescono ad indagare anche sulle modificazioni che si attivano nelle aree cerebrali delle persone che ascoltano musica o che si pongono davanti ad un quadro. Ciò avviene ipotizzando che esistano “universali artistici” dentro di noi, indipendentemente dalla latitudine nella quale siamo nati e dalla cultura alla quale apparteniamo. E le ricerche più moderne sembrano confermarci che questi “universali artistici” esistano davvero, avvalorando la nozione comune che l’arte non ha confini e riesce a parlare alla psiche di tutti, senza problemi di linguaggio o di idiomi. È proprio partendo da tali considerazioni che sorge con cognizione di causa la valutazione su come la musica possa influire nel caso di disturbi dell’apprendimento. È quest’ultima per l’appunto la tematica trattata nel testo “Musica a scuola e Disturbi Specifici dell’Apprendimento” (Edizioni Artestampa), di Carmelo Farinella, Docente di Musica e di Sostegno in una scuola Secondaria di I grado dell’Hinterland milanese. Partendo da alcune riflessioni sull’essenzialità dell’esperienza sonora nella crescita e nello sviluppo intellettuale, emotivo e relazionale di ciascuno, il testo propone un nuovo e rimeditato approccio all’insegnamento della musica nella scuola, con particolare attenzione agli alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).

In primo luogo, secondo l’autore, occorre fare una distinzione fra disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento. La disabilità attiene a menomazioni fisiche, psichiche o sensoriali, mentre i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) coinvolgono domini di abilità delle attività prettamente scolastiche, che si evidenziano soprattutto quando i bambini si approcciano alla letto-scrittura. Le strategie operative messe in atto dagli insegnanti, solitamente vanno a riferirsi pressoché esclusivamente agli apprendimenti classici, quali la lettura, la scrittura ed il calcolo. Fortunatamente, tuttavia, negli ultimi anni si fanno strada le prime riflessioni che inducono all’approccio delle persone con DSA verso altre forme di comunicazione, quali ad esempio il linguaggio musicale, anche avvalendosi di nuove tecnologie, ossia programmi di scrittura ed editing musicale.Il testo è strutturato in due parti: le attività specifiche, descritte nella seconda parte, vanno dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria, mentre la prima parte – dopo un ampio excursus normativo - si occupa di descrivere i disturbi specifici dell’apprendimento, rispetto ai quali nell’epoca attuale si può intervenire sempre più precocemente e tempestivamente. Nella prima parte si descrive l’importanza della musica per la vita, riportando alcune teorie tra le più accreditate quale quella di Daniel Levitin (2008), neuroscienziato e musicista americano che tratta il tema dell’importanza della wombmusic, ovvero la musica dell’utero, secondo la quale l’ascolto musicale produce reazioni psicomotorie già in età fetale e durante i primi mesi di vita, con ripercussioni positive anche dal punto di vista cognitivo.

Non mancano riferimenti anche a Gordon (2006), che opera un parallelismo tra l’acquisizione del linguaggio parlato e l’apprendimento del linguaggio musicale, secondo il quale l’educazione alla musica assume notevole importanza nel favorire la concentrazione e la coordinazione e a Gardner (1987), il quale, nel contesto delle intelligenze multiple, sostiene che l’intelligenza musicale assume un ruolo centrale nel pensiero divergente dell’individuo. Da ciò deriva l’importanza, nelle Indicazioni Nazionali, data dal Legislatore alla musica, definita “componente fondamentale dell’esperienza umana” atta a favorire, in modo peculiare, lo “sviluppo del senso di appartenenza a una comunità”. Da ciò emerge, in particolare, il ruolo fondamentale dell’esperienza sonora ai fini dell’inclusione sociale, lo sviluppo del pensiero critico, la consapevolezza dei valori storico-culturali di riferimento, valori a cui nessuno può essere sottratto, nemmeno se portatore di un bisogno educativo speciale, come un disturbo specifico dell’apprendimento.Lo studioso Zatorre considera la musica “un’attività complessa che coinvolge molte aree cognitive” (2011), per cui “praticare uno strumento musicale è un’esperienza multisensoriale ricca…. che integra gli input visivi, tattili, uditivi con risposte motorie…”. 

È indubbio, quindi, quale valenza abbia la musica nel supportare la funzionalità cerebrale. Il vivere emotivamente la musica deve, perciò, necessariamente, far parte dell’esperienza formativa del nostro sistema scolastico, per sostenere la crescita globale dei nostri alunni. Ciò nonostante, la musica non è presente in molti indirizzi di scuola superiore. Sorge quindi spontanea una domanda: come mai la musica, che è un linguaggio unanimemente riconosciuto come universale, aspetto che si riflette anche nell’apprendimento dei bambini, ha così scarso spazio all’interno delle scuole?L’educazione musicale – vi sono ricerche che lo dimostrano – è un canale privilegiato per affrontare alcuni problemi, quali l’accesso fonologico al lessico da parte dei ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento; oltre a ciò la musica è quel particolare mezzo che permette – se opportunamente stimolante - di intervenire sugli aspetti coordinativi, che sono secondari ai disturbi specifici dell’apprendimento, ossia gli aspetti visivi, uditivi, tattili. Esistono disturbi specifici anche nei confronti del linguaggio sonoro, quali ad esempio la lettura del pentagramma, la coordinazione vocale, strumentale.Alla luce di tutti questi aspetti, vanno scelte metodologie adeguate - gli spazi dedicati alla musica all’interno delle scuole sono estremamente ridotti - ed attività ben calibrate al contesto del gruppo-classe. Risultano particolarmente stimolanti anche momenti ludici proposti a scuola e successivamente svolti all’interno del contesto familiare.

L’approccio didattico dipende dal livello scolastico di appartenenza, ad esempio nei giochi di improvvisazione, gli alunni con DSA possiedono enormi capacità creative – come giochi sonori con strumenti, partendo da una cellula ritmica proposta dall’insegnante e poi ripetuta dagli alunni. L’attività può essere svolta all’interno della classe, in quanto è stimolante per tutti, nello stesso tempo va ad intervenire efficacemente verso chi ha disturbi specifici o bisogni educativi speciali in genere.È importante che le attività proposte coinvolgano la classe nel suo insieme, ciò ha effetti sulla motivazione e l’autostima di tutti gli allievi: ciascuno concorre e partecipa alle attività indicate secondo le modalità che gli sono più congeniali.La musica interviene su innumerevoli aspetti, facilita l’empatia, il dialogo fra pari e con gli adulti. Attraverso il training musicale i ricercatori si sono accorti che i bambini hanno migliorato l’approccio sia con le parole che col linguaggio non verbale, così come vi è il potenziamento della focalizzazione visiva. Ciò può contribuire a migliorare l’apprendimento, ad esempio, dei ragazzi con autismo o di allievi con sindrome di Down. Miglioramenti e progressi si sono verificati anche in casi di mutismo selettivo. Si tratta di alcuni esempi.L’interesse per la disciplina come approccio nei confronti dei disturbi specifici in Italia è nuovo: esistono solo testi anglosassoni tradotti in italiano, ma calibrati a livelli di Conservatorio. Numerosi studi sono rivolti alle problematiche legate alla dislessia e non ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento con una trattazione di tipo più generale, così come avviene, invece, nel testo di Carmelo Farinella.

Per comprendere a fondo la consapevolezza del funzionamento degli alunni con disturbi specifici nei confronti dell’impatto con la musica, l’autore suggerisce agli insegnanti di attribuire significatività all’esperienza musicale, utilizzando degli approcci che vadano a coinvolgere la multisensorialità. Questi aspetti possono essere notevolmente favoriti dalla conoscenza e dall’uso di software musicali – viene data ampia trattazione nel testo - in relazione al valore compensativo che essi possono assumere per i disturbi specifici dell’apprendimento. Occorre quindi, da parte dei docenti, grande flessibilità organizzativa ed operativa, anche attraverso l’uso degli strumenti più semplici, sia tecnologici, sia non tecnologici e che tali approcci siano inseriti in un progetto didattico solido ed orientato ad obiettivi appartenenti ad un più ampio piano educativo finalizzato all’inclusione di ciascun alunno con le proprie peculiarità all’interno della classe, che rappresenta la vita sociale del bambino.

La presenza di insegnanti di sostegno adeguatamente preparati, supporterà il team docente nell’individuazione tempestiva di problematiche specifiche degli alunni rendendo più facile il tutoraggio nei confronti di tutti e la progettazione di lavori individualizzati e personalizzati perché “compito della scuola è progettare ed attuare esperienze che mirino al successo formativo di ciascun allievo” e, quindi, anche dei docenti. In tal senso, assumono un ruolo prioritario la preparazione e la formazione degli insegnanti perché “la qualità dell’insegnante è la principale variabile che influenza i risultati degli studenti e “l’impatto più significativo sull’apprendimento è generato dalle metodologie e principalmente dal clima e dalla qualità delle interazioni che inducono”.  Nella mia classe – attualmente ho una classe seconda di scuola primaria - l’approccio alla musica è parte integrante della programmazione didattica settimanale e ciò avviene sia attraverso gli ascolti, proposti in base alle attività curricolari, attraverso il canto, anche come invenzione e improvvisazione, in associazione alle attività e ai giochi svolti in palestra e attraverso attività di percezione e produzione musicale utilizzando la voce, il corpo e gli oggetti. Spesso quest’ultimo aspetto viene realizzato anche con il supporto di docenti esperti nel settore musicale. Il raggiungimento di questi obiettivi, così come ogni attività proposta, avviene nel rispetto delle differenze, dal momento che nella classe sono presenti tre alunni con certificazione; l’inclusione, quindi, è una costante sfida, è la “modalità quotidiana” di gestione della classe nel rispetto di tutti gli alunni che la compongono.Inclusione, pertanto, qualunque sia l’attività proposta, significa far sì che i bambini abbiano un terreno comune, non sentano differenze e interagiscano tra loro in maniera positiva ed egualitaria. È proprio questo tipo di educazione a tuttotondo che secondo gli studi più recenti, può rendere quegli stessi bambini adulti migliori, persone consapevoli dei propri mezzi e attive in una società complessa e in continua evoluzione.

Francesca Zanini (04/09/72), veronese, insegnante di ruolo nella scuola primaria, laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Verona. Abilitata al ruolo di Giornalista Pubblicista presso l’Ordine dei Giornalisti del Veneto dopo aver svolto praticantato presso una rivista mensile specializzandosi in narrativa contemporanea con recensioni su scrittori esordienti. Nella scuola ha ricoperto diversi incarichi, fra i quali Tutor di docenti neoimmessi in ruolo e Curricolo, per cui ha svolto la mansione di Funzione Strumentale. Recentemente ha acquisito l’idoneità all’insegnamento della lingua inglese nella scuola primaria frequentando il corso triennale di formazione linguistica autorizzato dal Ministero. Fra gli interessi principali, oltre alla narrativa, vi sono l’arte, la filosofia e la gastronomia.

 

 

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