Tecnologie e innovazione didattica per il pensiero critico e il pensiero computazionale

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Le TIC consentono la costruzione di ambienti di apprendimento e, attraverso lo scambio di informazioni o la semplice comunicazione tra persone in luoghi e tempi diversi, incoraggiano la condivisione di idee, contenuti e progetti da realizzare e revisionare in tempo reale.

Allo stesso tempo facilitano lo sviluppo di proposte per l'insegnamento, piani di studio individualizzati e personalizzati, la scelta di sistemi e procedure comportamentali resilienti ed adattive. In questo senso, l'innovazione educativa, anche attraverso l'uso di tecnologie, diventa quindi inclusiva, sorprendente e talvolta unica. La lezione tradizionale, nonostante la sua indubbia validità, potrebbe non coinvolgere con lo stesso interesse esercitato da un'attività svolta con le tecnologie, con i contenuti multimediali e con interazione continua.Per un impatto equilibrato ed efficace, tuttavia, non è sufficiente solo la creatività, intesa come capacità di progettare, inventare, scoprire ciò che è nuovo e utile; è necessario rintracciare almeno altre due condizioni: la presenza di individui competenti e tenaci in grado unire i "vecchi e nuovi alfabeti" e quella di un ambiente favorevole, sicuro, idoneo a sviluppare motivazione, virtù e premiare l'eccellenza. 

Gli insegnanti, di fronte a una trasformazione degli scenari tradizionali e all'arduo compito di gestire eventuali rischi determinati dalla complessità (caos, sovraccarico di informazioni, perdita di valori e punti di riferimento, frammentazione della conoscenza), prevalentemente inseguono obiettivi e traiettorie finalizzate alla riscoperta di strategie innovative (in termini di tempo, qualità, risorse utilizzate, ecc ...) e all’incoraggiamento di momenti di dialogo, confronto e problem solving.

“Il rapido sviluppo tecnologico consente la disponibilità di una gran mole di informazioni e conoscenze, facilmente accessibili a chiunque: tuttavia ciò genera nuove marginalità e nuovi rischi, soprattutto in persone già interessate da altre fragilità (poveri, anziani, persone con scarsi mezzi culturali). Si tratta spesso di persone con bassa istruzione, ma anche di giovani che non hanno ancora maturato sufficiente esperienza e, non di rado, di persone con elevata istruzione formale, ma prive di adeguati strumenti di accesso consapevole all’informazione e, in definitiva, dell’esercizio del pensiero critico.” Indicazioni Nazionali e nuovi scenari, 2018

Il potere delle tecnologie e della comunicazione in genere, è sempre stato descritto come un elemento di grande impatto trasformazionale sulla società e, di conseguenza, sulla sfera educazionale. Attualmente, ai cittadini lavoratori del XXI secolo, viene richiesto un patrimonio di competenze per costruire, gestire, selezionare, valutare ed utilizzare efficacemente, in vari contesti, informazioni, tecnologie e media multidimensionali. La letteratura consegna molteplici riflessioni -anche contrastanti- sui limiti e sui vantaggi scaturiti dalla loro enorme diffusione e, tuttavia, prevalgono contributi teorici che concordano nell’evidenziare un’esposizione massiccia ed indiscriminata dei ragazzi a qualsiasi dispositivo tecnologico.Le tecnologie hanno trasformato la nostra vita e gradualmente stanno modificando il nostro corpo e “ri-cablando” il nostro cervello. 

Sempre presenti con noi, diventano, protesi del nostro essere sociale molto di più di quanto Mc Luhan aveva già immaginato più di trenta anni fa.  “In biologia si usa il termine “simbiosi” per indicare uno stretto rapporto di convivenza e di mutuo vantaggio tra due specie diverse. Pur con i limiti di ogni metafora, anche il rapporto tra l’uomo e la tecnologia si può considerare una simbiosi, la cui manifestazione fenotipica, homo technologicus, è appunto un simbionte”. (Longo Giuseppe O., 2005) Che dire del WEB e di internet? Rappresentano lo scaffolding, “una forma di estensione dell’intelligenza e della memoria privata ma fatta collettiva”. Grazie a loro ciascuno può connettersi e disconnettersi a questa “intelligenza condivisa” a questa “‘mente sempre in funzione”. (D. De Kerckove, 2010) In tale ottica la conoscenza si costruisce in modo dinamico e l’apprendimento mediante un processo continuo che risiede principalmente nelle connessioni tra nodi. 

Dunque se è utile prestare attenzione alle opportunità offerte dalle tecnologie che riducono le distanze fisiche, facilitano la collaborazione, moltiplicano ed agevolano l’accesso a infinite informazioni memorizzate in banche dati, diventa indispensabile riflettere sulle basi teorico-epistemologiche che spiegano il nuovo approccio didattico e il legame esistente tra l’apprendimento individuale e l’apprendimento delle organizzazioni, dei gruppi, delle comunità a distanza.  

Per Dewey fondamentali non sono i contenuti nozionistici ma le strutturazioni delle modalità di pensiero. Importante è educare il pensiero riflessivo e lavorare sui processi di pensiero. Da qui ne deriva il valore attribuito all’esperienza e alle situazioni concrete. Bruner considera un apprendimento efficace se esso si proietta e si costruisce in successive acquisizioni. Tale processo è possibile quando l’apprendimento riesce ad offrire possibilità di applicare oggetti appresi in contesti nuovi ma analoghi.Per Edgar Morin, ancora, ciò che conta non è più la enorme quantità di informazioni, ma la capacità di collegare e intersecare conoscenze affinché diventino competenze spendibili per l’autorealizzazione e la risoluzione di problemi planetari. Dunque, nella società della conoscenza, l’apprendimento dei “nativi digitali”, non è più solo frutto dell’esperienza diretta o acquisito attraverso la trasmissione di altre persone e/o strumenti sofisticati, ma viene inevitabilmente ‘mediato’ secondo modelli teorici che attingono dai paradigmi delle neuroscienze.

In tale ottica, le ultime frontiere delle indagini scientifiche si rivolgono sempre più frequentemente a tecnologie sofisticate, alle procedure informatiche e automatizzate tipiche delle intelligenze artificiali. Se da un lato il confine tra naturale e artificiale diviene più fievole, dall’altro le creazioni di vita artificiale ci costringono ad immaginare un nuovo paradigma di riferimento sulla definizione e sul destino di un essere vivente. «L’intelligenza artificiale è intesa come quella disciplina che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che permettono di concepire, progettare, realizzare, sperimentare ed utilizzare sistemi artificiali hardware e software, sia con l’obiettivo di ottenere prestazioni ritenute caratteristiche dell’intelligenza, sia con l’obiettivo di fornire modelli computazionali di processi cognitivi» 

Formare le connessioni tra le fonti di informazioni e creare strutture di conoscenze utili e spendibili in vari contesti (organizzazione delle informazioni), oggi diventa una competenza assolutamente necessaria così come è indispensabile promuovere l'educazione al pensiero critico.Lo sviluppo del pensiero critico non è affatto semplice, né scontato. Talvolta viene confuso come una pratica che permette di esprimere in maniera libera e senza alcuna regola le proprie idee. Pianificare e realizzare un’attività per lo sviluppo del pensiero critico è, invece, molto importante e richiede preparazione e abilità proprio perché rappresenta un elemento trasversale a tutte le discipline e a diverse situazioni problematiche che gli studenti si troveranno ad affrontare nell'arco di tutto il proprio percorso scolastico. Il pensiero critico, essenzialmente si configura come un ragionamento costruito con coerenza, rigore e pertinenza. 

Esso permette di elaborare strategie attive sollecitando il metodo dell’indagine e del problem solving. Pur non essendo compreso tra le competenze da acquisire, risulta inserito nella tabella Unesco delle life skills ed è indirettamente promosso attraverso altre competenze come: “apprendere ad apprendere” e “competenze sociali e civiche”. Essere educati all’uso consapevole e interpretativo dei media e delle tecnologie in genere, è il primo passo per sostenere il processo di apprendimento.In tal senso, un’attività che aspiri all’acquisizione di una competenza comunicativo-relazionale o prettamente di tipo disciplinare deve interconnettersi con la più ampia comunità civile e sociale, contribuire allo sviluppo del senso di responsabilità, alla valorizzazione delle qualità personali, all’accrescimento dell’autostima e alla piena realizzazione di un obiettivo pienamente condiviso.Questi elementi non solo mettono in risalto la forte valenza dell’utilizzo appropriato delle tecnologie ma, contemporaneamente, sottolineano la possibilità di costruire curricoli verticali seguendo uno schema non rigido e lineare, ma aperto e flessibile, pronto a continue revisioni. Su questo aspetto, l’impegno alla progettazione “per competenze” può risultare funzionale e opportuno. 

Nei contesti attuali, in cui la tecnologia dell’informazione è così pervasiva, la padronanza del coding e del pensiero computazionale possono aiutare le persone a governare le macchine e a comprenderne meglio il funzionamento, senza esserne dominati e asserviti in modo acritico. L’individuo, attraverso esperienze formative, scambi e confronti, affina le competenze in tutti i settori ed alimenta la strategia dell’apprendere ad apprendere come fonte di ricchezza per se stesso e per l’umanità. La scuola e l’università possono mettere sempre a disposizione del soggetto: contenuti, canali di comunicazione e di contaminazione culturale, ma devono contribuire a definirne regole, linguaggi, comportamenti consentendo all’individuo di riconoscersi responsabilmente ed eticamente in un gruppo, in un sistema culturale, in un popolo. Ecco, quindi, giustificata una didattica basata sull’implementazione di esperienze e vissuti, anziché sulla semplice e monotona trasfusione di conoscenze oggettive da chi insegna a chi apprende. 

Le esperienze educative saranno volte alla promozione di valori e sentimenti universali mirati a favorire il pensiero critico e computazionale, la riflessione e la costruzione della conoscenza. A tal fine il PNSD incoraggia la promozione dell’ed. al "pensiero computazionale", finalizzata alla riduzione del divario generazionale nell’alfabetizzazione digitale, e a consentire ai cittadini di affrontare sfide quotidiane con senso di responsabilità e consapevolezza attraverso l’uso del pensiero logico e creativo. Da ciò il  rilievo evidente dato alle attività  pensiero computazionale in quanto esso, oltre a sollecitare e facilitare l’acquisizione di altre competenze trasversali, favorisce l’uso critico e responsabile delle tecnologie e il monitoraggio costante delle attività compiute con la conseguente individuazione rimozione di errori (debug) all’ interno di un programma utilizzato.  

L’ introduzione del termine "pensiero computazionale " è da attribuire a Seymour Papert informatico, matematico, pedagogista americano, collaboratore di Piaget nell’istituto di epistemologia genetica di Ginevra negli anni ’60. Proprio partendo dall’impianto teorico di Piaget, Papert pensò di creare un ambiente educativo per computer, chiamato LOGO.Il LOGO, usato come un linguaggio per imparare, consente al soggetto di agire sulla realtà esterna a partire dai suoi modelli di pensiero. Sono i soggetti che possono programmare il computer e non viceversa. Secondo Papert la scuola tende a negare la naturalità dell’apprendimento e lo riduce a un tecnicismo di cui l’insegnante diviene specialista, mentre il potenziale rivoluzionario dei computers permette un approccio didattico definito PET (Progressive Educational Tecnology).«Alla base del PET sta l’idea che un uso diretto del computer fornito di un linguaggio LOGO da parte del bambino permetta a quest’ultimo di avere un individuale itinerario di programmazione e di apprendimento direttamente connesso con il proprio ambiente, la propria personalità, la propria esperienza di vita». 

Si può ritenere che la rivoluzione tecnologica possa servire anche per combattere la progressiva “massificazione dell’individuo” abbandonato a sé stesso nella fruizione passiva di informazioni, di messaggi e al mancato controllo critico che essi comportano. In sintesi, ogni aspetto innovativo e ogni messaggio inviato dai mass-media può essere “assorbito” passivamente dagli utenti (soprattutto bambini) oppure può essere vissuto come esperienza creativa a livello critico, riflessivo e valutativo.“Educare all’uso degli strumenti di comunicazione sociale significa fondamentalmente offrire gli strumenti metodologici adeguati per saper leggere, interpretare e lavorare i messaggi dei mass-media e saperli scegliere e usare per la crescita integrale... Insegnare il retto uso della comunicazione significa in ultima analisi, insegnare ad integrare i valori dei mass-media nel patrimonio culturale della nazione e nella cultura personale».

Il pensiero computazionale (coding), grazie alle ricerche di Jeannette M. Wing, acquista una ulteriore valenza educativa in quanto viene considerato come una abilità da sviluppare fin da piccoli perché permette la costruzione di una forma strutturata di pensiero volto alla risoluzione di problemi e alla promozione di un apprendimento sociale (social learning) e, quindi, di conseguenza anche all’ applicazione di una metodologia altamente collaborativa e partecipativa. (George Siemens, 2011) Ogni tecnologia è, dunque, legata a un dato modo di vivere e di pensare. Per prendere piede una tecnologia ha bisogno di un terreno culturale favorevole e quando poi si afferma e si diffonde, a sua volta plasma i modi di vivere e di pensare. Risulta quindi determinante l’impegno che scuola assume nella definizione della progettazione formativa per favorire negli alunni la capacità di governare i processi della conoscenza (metacognizione) e della condivisione consapevole nella rete 

La tecnologia, creata dall'uomo, ha sempre modificato il suo ambiente che, sua volta, ha indotto adattamenti e accomodamenti nella struttura cerebrale e sensitiva umana, ora, in particolare, la pervasività delle tecnologie digitali provoca un profondo remapping sensoriale che rivaluta il corpo e porta ad una nuova sensorialità a 360 gradi, tanto che oggi si parla di media tattili dopo aver relegato questo senso all’ ultimo posto in una ipotetica tassonomia esistenziale). In tale ottica va visto lo sforzo di innovazione tecnologica compiuto nell’ultimo decennio da parte del MIUR ed in particolare dall’ INDIRE, per dotare la scuola di una formazione capillare, di adeguate attrezzature, e di competenze informatiche. Infatti, le attuali politiche scolastiche italiane intendono applicare le strategie Eu 2030 che riguardano l’educazione alla cittadinanza globale, la crescita, la sostenibilità, l’abbattimento della povertà e lo sviluppo solidale per: com-partecipare alle emergenze lanciate dall’ U.E., affrontare la sfida della riorganizzazione degli apprendimenti e colmare le lacune (indagini OCSE-PISA rapporti Osservatorio Scientix.eu) che ancora oggi i nostri alunni evidenziano nel raggiungimento delle competenze.

La formazione e l’istruzione sono perciò considerate strumenti di politica attiva del mercato del lavoro, in quanto servono ad adeguare la preparazione professionale dei lavoratori e dei giovani alle esigenze del mercato. Le tecnologie digitali, dunque, impongono nuovi contesti di apprendimento significativi in cui docenti e formatori devono essere preparati per accompagnare e guidare gli alunni nell’uso corretto e critico dei nuovi strumenti tipici della moderna cultura immersa nella digital society. Tale società digitale produce un’insolita costruzione di innumerevoli identità delle giovani generazioni, che utilizzano le tecnologie per comunicare, per connettersi rapidamente e per creare nuove individualità, con un’attenzione spontanea più che riflessiva, creativa più che industriosa, abile nell’ elaborare le immagini più che le parole. Assieme alle moderne forme di apprendimento decontestualizzato, fuori dalle aule/pareti scolastiche (gli “apprendimenti non scolastici”), emergono nuovi auto-apprendimenti gestibili in autonomia, on-line (FAD, MOOC…) e personalizzato attraverso self-media, personal-media (peer- teaching e peer-tutoring) e affiorano altri aspetti legati al rifiuto dello studio puramente scolastico e alla significatività auto percepita, che minano la centralità della scuola stessa come fonte primaria di formazione. 

I recenti alfabeti digitali, oltre a favorire ottime strategie di inclusione, pratiche di collaborazioni e gemellaggi sono di supporto per l’apprendimento delle lingue e per lo sviluppo dei processi di apprendimento-insegnamento relativi a tutte le discipline. Stessa cosa dicasi per la diffusione di prodotti open-source che determinano vantaggi in termini di contenimento di prezzi, trasparenza, elevata ricusabilità e accessibilità. 

L’uso del software open-source presenta precisi vantaggi perché pemette agli studenti di guardare all’interno del computer, di allargare le piattaforme di apprendimento degli studenti e dei docenti, di agevolare il riutilizzo di sistemi hardware già datati senza il pericolo di attacchi di virus.Inoltre, nella scuola si mira ad adeguare gli edifici alle nuove esigenze mediante il cablaggio di alcune aule o di tutta la struttura attraverso la diffusione della banda larga e dei sistemi wireless finalizzati all’uso ecologico delle tecnologie e alla promozione di un impiego responsabile ed etico degli strumenti informatici con particolare riferimento ai tipici social network e per prevenire fenomeni di cyber-bullismo, gambling, sexting, ed altre devianze psico-fisiche e sociali. La sfida dell’ultimo modello di scuola richiede, pertanto, la creazione di ambienti idonei all’apprendimento per dar vita a comunità di discenti e docenti impegnati collettivamente nell’analisi e nell’approfondimento degli oggetti di studio e nella costruzione di saperi condivisi. Queste comunità, privilegiando opportune strategie e metodologie, saranno capaci di valorizzare simultaneamente aspetti cognitivi, affettivi, emotivi e relazionali di qualsiasi apprendimento e di valutare la qualità di esperienze significative che insegnanti e studenti realizzano in relazione alle aree di studio. La qualità delle esperienze è, indubbiamente, legata all’organizzazione della scuola, per cui non è possibile pensare all’organizzazione come separata dal progetto educativo, formativo e culturale che si intende realizzare.

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