“La scuola della preautonomia: la nave che solca le onde del cambiamento”

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Mi emoziona sempre parlare di scuola, forse perché figlia di insegnante e forse perché con i ricordi di bambina, dietro l'impegno e il lavoro di mia madre, ho vissuto indirettamente il cambiamento che ha caratterizzato la scuola lungo il percorso della mia stessa esistenza....si, l'emozione forse è dovuta proprio a questo ed è legata fortemente alla consapevolezza, da docente ormai in servizio da anni che pensa al presente guardando il passato, di come il “cambiamento” abbia da sempre, e non solo in questo tempo, caratterizzato la scuola. 

Una scuola che da apparato, prima, a sistema dopo di uno Stato e di una società intesi, oggi,con accezione moderna e contemporanea in termini sempre più hegeliani come enti razionali che nel tempo diventano consapevoli di sé, si realizza nel/col cambiamento rispecchiando sovente la volontà della classe dominante. L'emozione aumenta, poi, se mi soffermo a riscoprire la scuola in un certo tempo lontano, quell'” in sè” storico, parafrasando ancora Hegel, quell'attimo di incoscienza, per questo, forse felice, di un tempo quasi da ritrarre come un'epoca bucolica in cui l' istruzione, con tutti i suoi limiti, ora diventati atavici, viveva una stagione di operosità lontana da avidità, potere e strumentalizzazioni partitiche.

Una scuola, quella, permeata in primis di quei valori espressi nei lontani programmi del '55, quali intuizione fantasia e sentimento, finalizzati alla formazione etica e valoriale della persona per una società migliore e per un mondo migliore perché tutti reduci dal fallimento delle guerre intraprese e dal decadentismo positivista e capitalista dei primi del '900; valori che hanno disegnato e colorato l' infanzia e la fanciullezza dei ragazzini e dei bimbi degli anni '40 e '50. Ecco, era, quella, la scuola della nozione e del programma con libri ricchi di storie poesie racconti e tradizioni; era la scuola dai quaderni ancora con la copertina nera, della cartella e degli stampini per la didattica del metodo globale; era la scuola della calligrafia e del romanticismo, del leggere e del ripetere, ma era anche la scuola della selezione e della differenziazione..

 ...era, però e sempre, comunque la scuola... la scuola dell' alfabetizzazione che ha assolto ad un compito difficile e irrinunciabile per il progresso e la ripresa della nazione all'indomani delle due guerre, ovvero istruire e rendere competenti i cittadini italiani nel possesso delle abilità fondamentali del leggere, dello scrivere e del far di conto, e già all'epoca, se vogliamo c'era esigenza di competenza, competenza del sapere e del conoscere, soprattutto... era la scuola che occupava una posizione centrale, di “propulsione” sociale e culturale nella formazione delle future classi dirigenti e che si apprestava a diventare ben presto anche scuola della cultura di massa con l'avvento dei mezzi di comunicazione per affrontare, poi, la grande svolta epocale del '68 con un processo che l'avrebbe interessata in prima persona...

.. allora, mi emoziono perchè capisco che ho vissuto e vivo il cambiamento che ha sempre “toccato” la scuola che, in ogni momento, è stata sensibile alle innovazioni con la coscienza, al tempo stesso, dell'irrinunciabilità di alcuni saperi e di certi “linguaggi”perché  fondamenta della cultura e dell'identità di un paese ma anche sostrato dello stesso sapere in continua evoluzione; per questo, però, sempre tacciata di conservatorismo, autoreferenzialismo e cristallizzazione.  

C'è stato, dunque, un tempo, quindi, in cui la scuola ha rappresentato l'istituzione, anzi, era l'istituzione, vista come certezza, come un faro illuminante la rotta che appariva in una linea diritta e determinata verso una meta a tutti cara e che tutti accomunava, una rotta dettata dal governo di un timone coerente con il traguardo da raggiungere necessario e indispensabile per una certa società che voleva conquistare a tutti i costi il boom economico. 

Mi riferisco, insomma alla scuola della cultura pedagogica e didattica, alla scuola della nozione che ha reso gli italiani istruiti e ha caratterizzato l'Italia della Costituzione come una delle grandi potenze economiche, collocandola, con lungimiranza, tra i padri fondatori di un'Europa Unita. E' indubbio, allora, rileggendo il passato con uno sguardo al presente, che anche l'autonomia, oggi, abbia dato una svolta significativa alla scuola di ieri riformandola in una dimensione nuova e con una identità del tutto ridisegnata. 

Tuttavia, ragionando e vedendo le cose sempre con l'occhio di Hegel, vedremmo che la scuola dell'autonomia è figlia di un processo di democratizzazione insito già nella Costituzione stessa e iniziato proprio negli anni '50, e comprenderemmo, inoltre, che l'accezione di “ente”che le viene assegnato è proprio di un organo in un mutamento continuo, un mutamento che le appariene intrinsecamente per una legge interna necessaria quanto scontata,  al pari della crescita di un vivente. 

Eppure la scuola delle competenze sembra voler dare una svolta all'impostazione culturale del nostro paese, quasi un taglio netto, assumendo un' immagine lontanissima da quell'epoca bucolica, navigando da oltre vent'anni il mare “procelloso” della velocità e della complessità di un mondo globalizzato anch'esso costtretto in una repentina corsa nel tempo; potremmo dire, continuando la metafora, che ora siamo nell'epoca georgica della scuola, devastata da tanta cultura tecnocratica per l'esaltazinone del lavoro, mos maiorum nella nostra Costituzione, finalizzato, però, ad una economia sempre più proiettata al valore della produttività e del capitale umano come risorsa, contemplando,per questo, il superamento delle abilità in vista delle competenze del saper fare produzione e del saper essere produttivi. 

Ma torniamo all'autonomia, quale valore aggiunto avrebbe attribuito, in sostanza, alla scuola perché si giungesse all'alienazione dello Stato? Ebbene la svolta è davvero significativa perché, nell'ottica della sussidiarietà e del decentramento traguardi costituzionali imprenscindibili, la scuola assume l' identità giuridica, la presenza fisica sul territorio, la vicinanza al cittadino e sempre più si configura sistema complesso nel complesso sistema delle autonomie tipico, delle moderne società aperte e democratiche. Dunque una scuola nuova che si impegna a garantire il fine sancito dalla Costituzione che è quel successo formativo da offrire a tutti e a ciascuno con un intervento mirato, secondo le possibilità di ognuno. 

Insomma una grande conquista e una grande meta presa attraverso un iter di riforme con date storiche come quella dei  Decreti Delegati del '74 e della L. 517/77 che hanno tracciato il percorso di maturazione e di consapevolezza della scuola ma della stessa società italiana che insieme toccano il loro acme di democrazia estrema negli anni '90 fino a giungere nel '97 alla L. 59. L'oggi, il presente è ancora un riverbero di quel decennio di riforma profonda dello Stato che da apparato burocratico passa, a fatica ma in modo celere, a sistema. 

Soffermiamoci, ora, meglio  sull'autonomia perché mai legge è stata nella storia della scuola così incisiva e l'incisività è dovuta alle nuove competenze sul piano amministrativo e giuridico che la scuola raccoglie, “dimenticando” quasi, successivamente e nel tempo a venire, la principale sua funzione che è quella, in primis, di essere dispensatrice di didattica. In effetti l'aspetto riguardante l'autonomia amministrativa e di gestione sarebbe dovuto essere a supporto e sostegno proprio della didattica, di una didattica messa a regime e regolamentata dopo essere stata ampiamente provata grazie ai piani normativi che hanno investito la scuola a cominciare dai programmi dell'85 e dalla Legge 148/90.

L' aspetto didattico, dunque, è solo in parte “ri-toccato” dall'autonomia nonostante il DPR 275/99 ne regolamenti organizzazione, efficienza e razionalità. Ma perché affermo questo, perché sembra volessi sminuire tanta regolamentazione che trova vera attuazione addirittura nel 2015 dopo ben sedici anni con la L.107 della Buona Scuola? 

Porto pochi e semplici passaggi di analisi e studio a sostegno della mia tesi, ad esempio, consideriamo le classi aperte previste all'art. 4 del DPR 275/99 – autonomia didattica- sono state promosse dalla L. 517/77, non solo ma con la L. 148/90 è stato possibile, grazie all'articolazione modulare, sperimentare al meglio questo tipo di organizzazione valorizzando determinate quote orarie delle compresenze dei docenti per promuovere attività progettuali curricolari che hanno consentito non solo “l'utilizzazione di metodologie e strumenti didattici nuovi e coerenti con le scelte” dell'allora programmazione di circolo- poi diventata PEI nella scuola della qualità e solo successivamente POF ed ora PTOF-, come recita sempre l'art. 3 del DPR 275/99, ma ha anche permesso di sperimentare “l'articolazione flessibile del gruppo classe delle classi o sezioni anche nel rispetto dell'integrazione scolastica degli alunni con handicap” secondo il D.M 179/99.

In quest'ultimo punto, nello specifico, si fa riferimento anche ad un' organizzazione della classe o delle classi per gruppi di livello così come già previsto sempre dalla L. 148/90 art. 9 c.2. Anche la possibilità di prevedere la quota del curricolo da destinare ad attività legate al territorio, sempre contenuta questa possibilità nel DPR 275/99, è presente, in forma adatta al suo tempo e alle capacità gestionali del momento, nell'art. 8 c.1 della Legge 148/90, quando si fa riferimento a “progetti formativi di tempo lungo finalizzati a soddisfare esigenze e richieste delle famiglie e del territorio”. Insomma alla luce di quanto riportato vi è testimoniannza di quanta sperimentazione organizzativa e didattica avesse animato la scuola e quanta propenione al cambiamento fosse presente. 

Nella mia vita professionale, entrata in ruolo giovanissima, ho avuto la fortuna di lavorare con quelli che allora erano ancora i direttori didattici, direttori lungimiranti e padroni della metodologia e della pedagogia che hanno saputo da subito attuare, forse qualcuno anche divertendosi, l'esperienza delle aule laboratorio e della rotazione degli alunni nelle classi con la creazione della didattica differenziata per livelli o usando in modo flessibile il tempo orario, tutti valori, questi, straordinariamente attuali, attraverso una didattica fondata sull'obiettivo e non più sul contenuto, una didattica che puntava al bambino della ragione e non più dell'intuizione e che avrebbe posto le basi dell'attuale insegnamento metacognitivo. 

Ecco che nelle scuole giravano ispettori e arrivavano manuali di grandi autori insieme alle prime riviste di scuola e alle prime guide pensate per la costruzione della lezione incentrata sull'obiettivo trasversale interdisciplinare che doveva fare da collante o “sfondo integratore”a tutte le discipline nel significato dell' unitarietà del sapere, quella che, in definitiva, era l'unità didattica che sarebbe poi diventata, per questo unità di apprendimento e per ultimo UDA nella scuola secondaria di secondo grado. 

Insomma mi emoziona a pensare a quanto cammino si sia fatto, mentre mi emoziono poco e non mi meraviglio affatto quando leggo di esperienze attuali d'avnguardia messe in campo dai dirigenti attuali, esperienze che si riassumono  per vendersi secondo la logica del mercato in una vision ricca di tanti slogan immediati e di effetto. Non mi stupisco e non mi meraviglio perché, rispetto a ieri, si hanno gli strumenti giusti e le possibilità necessarie che l'autonomia ha permesso per attuare un'organizzazione efficace ed efficiente, didatticamente parlando, che dovrebbe essere scontata per chi ha vissuto nalla scuola della preautonomia o ha compreso la storia della scuola.

Certo oggi nonostante la “cassetta degli attrezzi” a disposizione delle scuole sia uno scrigno tutto d'oro per la pedagogia e la metodologia, c'è nell'autonomia gestionale e nella resonsabilità personale della scuola più attenzione ai processi amministrativi e alle procedure contabili, più credito alle figure delegate, docenti e non che garantiscano la fluidità del sistema piuttosto che cura per l'aspetto dell'insegnamento in sé; ebbene, tutto ciò sembra abbia svilito la didattica diventata quasi un lusso e un fiore all'occhiello di poche scuole che per riuscire a sperimentarsi devono e possono solo attraverso reti o progetti guida, ingarbugliandosi nella farriginosa burocrazia sburocratizzata e semplificata dello Stato sistema.

Ma allora cosa ha portato l'autonomia di veramnete nuovo sul piano didattico, a perte le recenti correnti di pensiero che fisiologicamente disegnano il percorso di crescita della pedagogia come scienza, direi proprio  di nuovo nulla se non qualcosa di vecchio ben regolamentato e ben ottimizzato; paradossalmente, anzi, direi che forse c'era più autonomia quando tanta autonomia non c'era e forse solo perché la vera autonomia sarebbe dettata dalla possibilità di disporre di fondi autentici che oggi invece sono virtuali e molto esigui rispetto a ieri. 

Rimane, allora, l'immagine di questa nave che solca il cambiamento in un mare non sempre calmo ma spesso attraversato da correnti contrarie e contrastanti tra loro che si materializzano in un turbinio vorticoso di leggi e leggine, riforme e mini riforme che rendono la navigazione difficile e incerta. Forse tutto questo perché la vecchia istituzione ha perso, ormai, la valenza, necessaria all'epoca bucolica, di emancipazione sociale, vestendo ora i panni più del controllo, ragionando come Postman – ecologia dei media- e, dunque, eccola la nostra nave sballottata dalle onde  smosse da venti forti che la spingono sempre più in un mare alto perdendo di vista un obiettivo non più chiaro da uguagliare. 

Forse , tornando ad Hegel, si è giunti all'alienazione della scuola stessa che sembra quasi del tutto inutile e svuotata di ogni compito educativo e formativo riconosciuto sempre più ad una società educante fortemente complessa e informatizzata. Il processo di democratizzazione sembra essere giunto ad un punto morto, al crepuscolo e, nonostante si parli di inclusività, di uguaglianza educativa e di opportunità per tutti, nella pratica con le nuove promozioni di privatizzazione, di crowdfounding e con l'esaltazione del territorio e dell'utenza si assiste ad un processo di contrazione quasi, per cui la democrazia estremizzata sembra quasi tornare indietro riportando, da un'altra prospettiva, alla scuola della differenziazione, quella sociale, però. 

Quale futuro allora? Il futuro è legato alla società e riporto per chiudere questo passo del libro di Postman “ ...Tu non puoi migliorare una classe fino a quando non avrai migliorato la scuola; ma non puoi migliorare una scuola fino a quando non avrai migliorato una comunità; e non puoi migliorare una comunità fino a quando non avrai migliorato la società dalla quale essa deriva i suoi valori. Così un critico del sistema educativo se è serio comincia il suo lavoro dall'alto..”

Maria Giuseppina Giammetti laureata in Pedagogia presso Univ. di Salerno  è docente presso il Liceo Manzoni di Caserta Inizia a lavorare nel1991 come docente di scuola primaria e nel 1993 consegue il titolo di insegnante specialista/specializzata di lingua inglese. Ha ricoperto nella scuola diversi ruoli e compiti quali, Referente di educazione alla salute e per circa diciassette anni ha operato come funzione strumentale svolgendo diverse aree occupandosi in prevalenza di gestione dell'Offerta Formativa e di Formazione docenti. Nell'arco di questo periodo più volte ricopre l'incarico anche di Referente Qualità e Referente Invalsi, gestendo la Commissione Qualità per l’autovalutazione di Istituto con l'impianto del RAV e del PdM. Nel 2006 consegue la Patente Popper per l’insegnamento della Cinematografia nelle scuole e supera un corso di perfezionamento sulla Dirigenza presso l’Università di Firenze. Nel 2010 partecipa al progetto School Sharing della Regione Campania dedicato alle best practice.  Più volte formatore dei neoassunti sulle nuove metodologie e sulle tecniche di insegnamento attivo, sulla valutazione per l'Ambito 7. Inizia anche una nuova esperienza didattica sui mondi virtuali attraverso la piattaforma Edmondo. Nel 2016 consegue il Master MUNDIS sulla Dirigenza presso l’Università Tor Vergata di Roma; supera una formazione dell'Invalsi in collaborazione con il MIP e diventa esperto di valutazione e autovalutazione dei sistemi ; diventa formatore della didattica del project management per una formazione con la PMI Micron e un progetto della Regione Campania che la individua come una dei pochi docenti che hanno sperimentato la pratica educativa al sud Italia. Attualmente funzione Strumentale Area 1 presso il Liceo Manzoni CE responsabile Rav e Pdm, redige la prima rendicontazione sociale. Impegnata nelle Avanguardie Educative per una formazione a largo spettro sulla didattica innovativa e per la sperimentazione di MEE, Minecraft Education Edition. 

 

 

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