LA FRAGILITA’ DELLA SCUOLA COME “INFLUENCER” IN UNA SOCIETA’ SOFFOCATA DALL’EMERGENZA SANITARIA, COSA SI PUO’ FARE PER RIDARE ALLA SCUOLA IL SUO RUOLO DI INFLUENCER EFFICACE PRESSO LE NUOVE GENERAZIONI

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Abbiamo chiuso l’anno scolastico 2019/2020 in un modo che nemmeno i peggiori pronostici avrebbero potuto mai immaginare. Ci siamo salutati con le classi e i colleghi, davanti a un computer, dopo mesi di lockdown,per un’improvvisa pandemia che ha messo in ginocchio il mondo globale, costringendolo a chiudere tutto ciò che si poteva chiudere, compresa la Scuola, con il solo scopo di arginare i contagi da covid-19, diventati ormai incontrollabili.

 

L’Istituzione Scuola si è trovata improvvisamente a dover gestire un’emergenza senza precedenti che ha catapultato da un giorno all’altro docenti e studenti nella didattica a distanza, con tutti i problemi che questa ha comportato. 

La scuola è, subito dopo la famiglia, la principale agenzia di socializzazione e formazione della personalità del bambino, del preadolescente e dell’adolescente. Il suo compito fondamentale è fornire gli strumenti necessari per crescere culturalmente, psicologicamente e socialmente, acquisire un certo grado di responsabilità e autonomia e, infine, formare alla cittadinanza e alla vita democratica.

 La scuola è prima di tutto studio, conoscenza, cultura, apprendimento dei saperi, ma è anche educazione, teatro di crescita civile e di cittadinanza; è luogo in cui nascono e crescono affetti, sentimenti, e si affermano le prime amicizie, che, in molti casi, resteranno per tutta la vita. Affinchè tutto ciò sia perseguito, è necessario che il percorso scolastico non sia ostacolato da esperienze negative che possano contrastare il compito primario della scuola, impedendo di attingere a quanto essa è in grado di dare ai suoi fruitori, come ambiente educativo. 

L’alunno costruisce la sua identità anche nell’interazione con figure adulte significative esterne alla famiglia, quindi i contesti scolastici sono tra quelli più importanti da prendere in considerazione in questo processo. Come si sottolinea ormai da più parti, infatti, la qualità della relazione con gli insegnanti è un aspetto di particolare rilievo, per come essa contribuisce a formare l’immagine di sé dell’alunno. 

Con la Pandemia che ci ha colto impreparati, tutto questo sembrava sfuggirci di mano, travolti come eravamo in un mondo di relazioni e di didattica sempre più virtuali.

Negli ultimi decenni si sono succedute nella scuola, numerose riforme, tutte animate da forti intenzioni di cambiamento in linea con i cambiamenti della società e sempre ponendo al centro del cambiamento e del dibattito, lo studente e il suo percorso formativo. I cambiamenti che hanno segnato la scuola di oggi, sono avvenuti negli anni 90’con il decentramento amministrativo e la conseguente introduzione dell’Autonomia Scolastica in tutte le scuole di ogni ordine e grado, all’arrivo del nuovo millennio. (DPR 275/99). 

La rivoluzione del sistema scolastico degli anni 2000 ha portato a migliorare tutto il sistema scolastico con tante innovazioni, ma nello stesso tempo, in questi 20 anni sono stati tanti gli ostacoli che hanno impedito la piena attuazione dell’Autonomia scolastica, al punto che con la legge 107 del 2015 e quindi a distanza di 15 anni, il legislatore ha sentito l’esigenza di porre al centro della Legge e come filo conduttore di tutte le innovazioni ulteriori, proprio l’Autonomia scolastica, dando alle Scuole nuovi strumenti finanziari e operativi per rilanciarla. Si legge al comma 5: “Al fine di dare piena attuazione al processo di realizzazione dell’Autonomia e di riorganizzazione dell’intero sistema di istruzione…”. Con l’emergenza sanitaria, nemmeno una legge così importante come quella dell’Autonomia scolastica, è bastata perché la scuola trovasse le giuste modalità organizzative, per la riapertura a settembre in assoluta sicurezza.

L’emergenza sanitaria vissuta a primavera, ha messo in evidenza tutta la fragilità della scuola, impreparata di fronte a un cambiamento epocale della società, di tale portata, che nessuna Riforma poteva prevedere.

Le difficoltà che la scuola ha dovuto fronteggiare durante il lockdown della scorsa primavera, sono state soprattutto quelle legate a un uso efficace del digitale e della tecnologia da parte di docenti e studenti. Basti pensare che, nonostante la rivoluzione tecnologica della scuola e il PNSD, erano ancora troppi i Docenti e gli studenti con strumenti e competenze tecnologiche insufficienti per una Didattica a Distanza efficace.

 

La Scuola attualmente, sta attraversando un’epoca di disorientamento, probabilmente per la prima volta dalla sua nascita. Un disorientamento che sembrava superato dopo il lockdown che siamo stati costretti a vivere per mesi e con la riapertura a settembre di tutte le Scuole di ogni ordine e grado. Purtroppo solo dopo poche settimane ci si è resi conto che non era così, che i contagi da coronavirus aumentavano sempre di più anche tra le mura scolastiche, costringendo alla messa in quarantena di intere classi e di relativi docenti, o alla chiusura completa di plessi scolastici.

 

Come si vive in un’epoca di disorientamento e all’interno di un sistema scuola, quando tutta la narrazione a cui eravamo abituati sul ruolo della scuola, così ben declinata nel nostro bellissimo PTOF, comincia a vacillare e quando ancora nessuna nuova narrazione è emersa per sostituirla? 

L’emergenza sanitaria da Covid-19 in cui ci siamo trovati di nuovo a solo poche settimane dal ritorno tra i banchi, ha messo di nuovo in evidenza la fragilità della scuola troppo presa nel garantire il distanziamento fisico, l’uso corretto delle mascherine e nella tempestiva individuazione e comunicazione di soggetti con segnali di malessere.  

In questo contesto la Scuola sembra essere bloccata, le sue ali, sempre pronte a decollare a ogni inizio di anno scolastico, sembrano ora spezzate e completamente a terra. Ma è adesso, tuttavia, che l’istituzione scuola non può arrendersi e deve imparare a saper gestire il cambiamento anche in situazioni di grave emergenza sanitaria come questa e deve saper dare risposte che non diano l’idea di provvisorietà.

Il dibattito nel corso degli anni sul ruolo della scuola nella società contemporanea, è stato continuo e la Scuola da sempre, come agenzia educativa, ha avuto un ruolo sociale di “Influencer”, ruolo che ha sempre padroneggiato con la trasmissione della cultura e del sapere, anche se come agenzia educativa, si è trovata spesso a lottare con un vero e proprio braccio di ferro con i valori opposti che contemporaneamente la società trasmetteva attraverso l’invasione massiccia dei social media degli ultimi anni, che ha visto nascere e affermarsi “influencer”, come Chiara Ferragni e Fedez. 

Nel periodo di lockdown l’impatto dei social sulla vita di tutti noi ha avuto un peso notevole. In particolare sui ragazzi che da un giorno all’altro si sono ritrovati senza i punti di riferimento come la scuola, i docenti, gli amici, i loro punti sociali di aggregazione. Purtroppo con il rientro a scuola in presenza, le cose non sono migliorate e la Scuola ha mostrato di nuovo tutta la sua fragilità come influencer dovendosi preoccupare in presenza, di distanziamento fisico, mascherine, protocolli di sicurezza prima ancora dei protocolli di educazione alla socialità e alle relazioni. E allora? Non ci si può meravigliare se il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha chiesto aiuto a influencer come i Ferragnez per convincere i ragazzi a indossare le mascherine. Il gesto di Conte è stato un gesto di disperazione, di umiltà. In un momento così difficile, lui ha pensato di sensibilizzare i ragazzi al rispetto delle regole anti covid-19, anche attraverso i messaggi social dei Ferragnez, i quali ora più che mai, rappresentano dei punti di riferimento dei ragazzi, spesso soli con le loro relazioni instaurate attraverso i social.

Un gesto del genere non ci deve indignare, ma ci deve sicuramente preoccupare e deve indurci a porci delle domande: cosa si può fare perchè l’istituzione scuola riacquisti il suo ruolo di influencer culturale e di riferimento delle giovani generazioni, anche in un momento di emergenza così difficile?

In questo difficile periodo, la scuola non può non interrogarsi su cosa deve fare per riacquistare forza, autorevolezza e tornare a essere un punto fermo di riferimento per le studentesse e gli studenti, le bambine e i bambini. La scuola e tutta la comunità educante devono affrontare una vera e propria nuova sfida educativa e ripensare complessivamente il loro Progetto Educativo con nuove modalità di organizzazione. 

Non sappiamo quando la pandemia ci abbandonerà, probabilmente ci saremo dentro ancora per mesi, forse per qualche anno. Nel frattempo la scuola non può vivere di provvisorietà ma deve consolidare i protocolli organizzativi sia nella gestione delle classi in presenza che in DAD costruendo un progetto educativo efficace e condiviso.

Dopo mesi di lockdown, la Scuola è stata l’ultima a riaprire, tra mille incertezze, ma anche tra mille speranze e con tanta carica di ottimismo tra gli operatori scolastici che hanno lavorato tutta l’estate per poter accogliere bambine e bambini, studentesse e studenti in assoluta sicurezza. Purtroppo non è stato fatto nulla o quasi per migliorare i sistemi di sicurezza che ruotano intorno alla scuola, a iniziare dai trasporti e dai luoghi di aggregazione fuori dalla scuola.

Allo stato attuale non siamo in grado di prevedere quello che ci aspetta nel prossimo futuro. Se è difficile prevedere con precisione quanti altri mini o full lockdown dobbiamo fare, è tuttavia possibile immaginare quali istituzioni e quali imprese ne usciranno vincenti. Lo saranno quelle che, innovando, avranno saputo cavalcare nei prossimi mesi due trend tecnologici già presenti prima della Pandemia: digitale e sostenibilità (Agenda 2030). 

Il Covid -19 ne ha accelerato l’impatto contribuendo alla loro affermazione in tutte le economie e in tutti i settori. Non da meno la Scuola, dove prima della pandemia, in particolare il digitale e gli strumenti tecnologici non erano stati sfruttati e incentivati in tutte le loro potenzialità. Infatti nonostante il principio del “Life-long learning” e i numerosi investimenti nel digitale, la pandemia ha trovato molti docenti e studenti impreparati a un uso efficace dello stesso, lasciando dei vuoti di tempo e di contenuti nella preparazione di molti studenti.

Negli ultimi anni, sono stati compiuti notevoli sforzi nel nostro Paese per accelerare il processo di digitalizzazione della Scuola Italiana e innovare le pratiche didattiche attraverso l’introduzione delle ICT (Information Computer Technology) nelle aule scolastiche. Nonostante ciò, l’analisi recentemente effettuata dall’OCSE per valutare l’impatto delle iniziative ministeriali intraprese a livello nazionale ha rivelato come esse non abbiano prodotto gli effetti auspicati: molte scuole sono ancora escluse dai circuiti telematici e le pratiche didattiche innovative risultano ancora limitate a casi isolati.

 A fronte di simili risultati occorrono, da un lato, misure non estemporanee capaci di portare a sistema gli interventi di innovazione tecnologico-educativa della scuola, e dall’altro politiche e pratiche educative che tengano conto dei risultati della ricerca nel settore, con particolare riferimento agli studi sull’efficacia didattica delle ICT in educazione. 

Più specificamente, una “educazione digitale” non può oggi prescindere da:  un miglioramento delle infrastrutture (cablaggio, connessioni e dispositivi) per garantire a tutti gli istituti scolastici un adeguato accesso tecnologico, superando l’attuale divario digitale che ancora penalizza una parte delle scuole del nostro Paese; - una maggiore attenzione alla formazione tecnologica degli insegnanti intesa nel duplice senso di formazione della competenza digitale e formazione all’impiego didattico delle tecnologie, valorizzando il ruolo stesso di Internet come ambiente capace di accogliere comunità professionali (si pensi ai social network) e come punto di accesso a risorse didattiche e a data base scientifici specializzati, a un maggiore impegno nel sostenere lo sviluppo e la circolazione di buone pratiche attraverso adeguati sistemi di documentazione e disseminazione delle esperienze didattiche (Avanguardie Educative), nell’ottica di favorire la nascita di comunità di pratica in grado di autosostenersi. 

Un impiego delle ICT nella didattica consapevolmente legato all’idea di tecnologie come amplificatori cognitivi: sul piano pedagogico-didattico. E’ importante sottolineare come una “educazione digitale” non consista in un uso indiscriminato delle ICT, ma richieda di valutare situazione per situazione quando e come le tecnologie possano effettivamente apportare un valore aggiunto. 

.Ripensare l’organizzazione del sistema scuola in questo periodo di emergenza sanitaria, non solo è urgente, ma è doveroso per garantire il diritto all’istruzione e alla formazione dei nostri studenti, sancito dalla Costituzione. 

Come? Sono state fatte tante ipotesi: banchi con rotelle, ampliamento delle aule, doppi turni, ma tutto questo è stato fatto a macchia di leopardo, dove si e dove no. Spesso anche all’interno della stessa scuola, si vedono aule lunghissime che hanno visto l’abbattimento di pareti e aule rimaste uguali con lo stesso numero di studenti, per non parlare delle uscite senza controllo e distanziamento fisico.

E’mancato a mio avviso un protocollo rigido nazionale che obbligasse a certe regole inderogabili: doppi turni, didattica mista (in presenza e in DAD), entrate e uscite in presenza, scaglionate, dimezzamento della capienza dei trasporti. 

Allo stato attuale tutte le scuole superiori del territorio nazionale sono in DAD ancora prima del Dpcm e gran parte delle classi seconde e terze della secondaria di primo grado, segno questo che così come è stata riaperta la scuola non ha funzionato. Non sono bastate mascherine e gel disinfettanti, baluardo e vanto della la ministra Azzolina, a preparare la riapertura della Scuola in sicurezza. 

Il CTS (Comitato Tecnico Scientifico) era stato chiaro, non bastavano gel e mascherine, ma andavano scaglionati gli ingressi e le uscite, organizzati doppi turni e controllati i trasporti. In questo senso c’è stato uno scarica barile di responsabilità, tra Governo e MIUR che a sua volta aveva delegato ai Dirigenti scolastici la parte più strettamente organizzativa legata alle caratteristiche del proprio Istituto e al territorio, proprio a fronte dell’Autonomia scolastica. Probabilmente è mancato anche l’accordo e la sinergia con gli Enti locali, sta di fatto che la riapertura della scuola, ha contribuito al collasso del sistema sanitario dei contact tracing.

Se la Scuola vuole riacquistare il suo ruolo di influencer efficace presso le nuove generazioni deve pensare a una organizzazione diversa alla prossima riapertura, perché di sicuro non saremo usciti dalla pandemia, ma avremo probabilmente abbassato la curva dei contagi. 

In sintesi si potrebbe pensare a tenere le scuole aperte tutto il giorno, chiedere ai docenti in servizio di fare più ore e naturalmente essere retribuiti, per poter organizzare turni per piccoli gruppi stabili e maggiore scaglionamento di ingressi e uscite. E’importante lavorare in sinergia con tutta la comunità educante, perché la scuola riacquisti forza e autorevolezza.

 In un mondo di influencer, è importante per la scuola esserci, tornare a trasmettere con forza e determinazione i valori culturali, riprendere le redini del proprio pensiero, della propria Mission che è sostanzialmente quella di formare le menti delle nuove generazioni, sviluppare il loro pensiero critico anche attraverso lo studio dei filosofi di ogni epoca, grandi influencer e maestri per l’umanità intera, guide che hanno davvero cambiato il corso della storia. Bene, questi grandi filosofi, sono sempre delle potenti armi.

 La scuola inoltre deve fare pace con il web, non deve temerlo e pensare che sia la fine di ogni cultura, ma deve imparare a conviverci, ora più che mai, sfruttando in positivo tutte le sue potenzialità. Come diceva Voltaire: “Chi non vive lo spirito del suo tempo, del suo tempo ha tutti i mali”.

GABRIELLA BEFACCHIA Docente di lingua inglese presso la Scuola Secondaria di 1 grado; Master di 2 livello per Dirigenti Scolastici conseguito presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Teramo; Integrazione modulo Didattica presso la stessa facoltà; Master di 1 livello in Traduzione e Redazione Tecnica, conseguito presso l’Università degli Studi dell’Aquila.

 

 

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