AUTORITÀ E AUTOREVOLEZZA, FRA LA SCUOLA E GLI INFLUENCER

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È la prima volta al mondo che accade e anche con tanto clamore! 

 Il Presidente del Consiglio chiede ai Ferragnez, la “Royal couple” d’Italia di intervenire presso i giovani per esortarli in maniera convincente all’uso urgente della mascherina. 

Lui, Fedez, prontissimo risponde all’appello! 

Il giorno dopo, in un video brevissimo, appare con in mano una mascherina e in modo chiaro e semplice così esordisce: “Vi chiedo una trentina di secondi di attenzione perché devo passare un messaggio molto importante. Ieri abbiamo ricevuto una telefonata molto inaspettata: siamo stati messi in contatto col Presidente del Consiglio, che ha chiesto un aiuto da parte mia e di mia moglie. E se queste stories, anche in piccolissima parte, riusciranno a essere utili io non posso che esserne contento. Ci è stato chiesto un aiuto per esortare la popolazione, soprattutto quella più giovane, all’utilizzo della mascherina. E io mi sto sforzando di trovare un modo di essere più convincente possibile. Probabilmente non esiste modo. Quello che posso dire è che ci troviamo in una situazione molto delicata. E l’Italia non può permettersi nella maniera più assoluta un nuovo lockdown. E che in qualche modo il destino e il futuro dell’Italia è nelle mani della responsabilità individuale di ognuno di noi.”

La di lui moglie, Chiara Ferragni, molto più seguita ( si parla di decine di milioni di seguaci o come si dice “followers”), prende un po’ di tempo. 

Passano due o tre giorni prima di rispondere all’illustre appello. 

Probabilmente è concentrata sulla sua nuova gravidanza, che non manca di partecipare, come in una immensa famiglia, con video delle ecografie e i sorrisi da mamma innamorata.

Oppure probabilmente, la signora prende una distanza che strategicamente vuol dire qualcosa….

Quando interviene, però, lei tace sull’illustre evento e in una manciata di secondi invita i più giovani all’uso della mascherina,  così: in modo chiaro e diretto

In altrettanti secondi migliaia, milioni di like tributano il successo sperato della illustre telefonata. 

Tuttavia, ciò che passa ai più è “Il Presidente del Consiglio ci ha telefonato”, come a dire “Tra famosi ci si telefona”. 

O, se preferite, “Il Primo Ministro ha telefonato a noi e a nessun altro”… 

A questo punto si genera nella mente feroce una immagine che ha del comico naturale e del grottesco allo stesso tempo: il refrain di una canzone dell’archeologia musical/popolare: “Dicitencello vuje”…. 

Nel traffico dei pensieri fischia forte il treno delle domande.

Perché il Primo Ministro di una Nazione sente la necessità di rivolgersi ai giovani?

Perché si fa aiutare?

Cosa lo spinge a chiedere aiuto a una coppia di giovani imprenditori dell’immagine, molto ricchi e moltissimo famosi?

La massima autorità di una Nazione non è più così autorevole? 

I ragazzi sanno cos’è l’Educazione?

 Chi ha detto ai giovani che non serve obbedire all’autorità? 

Dove siede adesso l’autorità?

Era un tempo in famiglia? 

Era il padre? Era la coppia genitoriale?

Era la Scuola?

Era la tacita alleanza tra la Famiglia e la Scuola?

E dove sta il confine fra autorità e autorevolezza? 

Come mai i giovani non pongono attenzione, ascolto, considerazione alle indicazioni dell’autorità?

Ammesso che ci sia un’autorità e che sappiano riconoscerne la figura!

Il Presidente del Consiglio certamente possiede alcune risposte, se per farsi ascoltare chiede ai Ferragnez: ” Per favore, diteglielo voi!”

La italica Real Coppia saprà farsi ascoltare!

Nella società del primo millennio nell’Occidente Cristiano, la famiglia conteneva i modelli e gli archetipi tramandati dalle radici di ciascuno.

Per i piccoli quel modello era inevitabile, quanto necessario e vitale amare,  desiderare, rispettare e poi, in seguito negli anni dei brufoli pressante e urgente era rifiutare, persino odiare al punto di voler distruggere e ucciderli tutti per costruirsi l’immagine del proprio sé.

Quando l’autorità era dei Padri, fossero nella famiglia o nella Scuola, dell’Autorità si aveva chiara la percezione. 

Se ne aveva anche paura, però! Si obbediva ciecamente. 

Oppure si disobbediva a quella paura, che istigava a esorcizzare il terrore della punizione fino alla trasgressione; fino alla ribellione, alla rivoluzione!! E quante rivoluzioni!!

La Scuola del modello archetipico era quella di Professori, era quella dei Padri a cui bastava la parola. Già: la Parola!

Sull’altro lato della medaglia c’era l’autorevolezza di figure sacre: gli Dei, i quali, a seconda del contesto in cui si nasceva, potevano essere di rango metropolitano, o familiare, o letterario o nel campo vasto delle arti: poeti, scrittori, musicisti, attori; persino tra i campioni dello sport…

Di essi si discuteva in classe, in gruppo fuori dalla scuola, nei cineforum, nei circoli culturali, persino nei circoli giovanili di alcuni partiti politici, se non era  in oratorio.

Si chiamavano “idoli”

Il Kharisma che gli si attribuiva si traduceva in autorevole credo rivolto al loro pensiero, alle loro prodezze, al loro fascino. 

Ciò che Bob Dylan e Joan Baez cantavano era tenuto in considerazione; il senso della giustizia sociale era forte; i padri ci parlavano di Martin Luther King, ci parlavano dei fratelli Kennedy, della Regina Elisabetta, di quel che accadeva a Londra; ciò che i Beatles cantavano era rivoluzionario; ciò che Pietro Mennea conquistava era la medaglia vinta di corsa nel vento; ciò che gli insegnanti a Scuola ci narravano, ci aiutavano a pensare, ci leggevano, ci facevano tradurre, era sacro! 

Tutto ciò in casa era condiviso dai genitori, accettato nella sacralità della loro parola! Non c’era bisogno di scrivere il Patto Formativo: l’asse Scuola -Famiglia già lo traduceva!

“L’ha detto la maestra!”

“L’ha detto la Prof!”

“L’ha detto il Prof!”

Si scrivevano le frasi delle canzoni sui muri fuori dalla scuola, sulle pareti dei bagni, a casa  si tappezzavano le pareti in camera coi poster degli attori… già gli attori: si andava al cinema; si collezionavano i poster dei cantanti, si compravano i dischi di vinile, le riviste specializzate di musica, di sport, ci si parlava lunghe ore al telefono, quello grande, di casa. I messaggi erano scritti sulla carta, ripiegati più volte, piccolissimi…

Nel diario scolastico si annotavano frasi di filosofi e poeti, citazioni di personaggi della Storia. Tutto ciò che coinvolgeva ed emozionava nell’atto in cui si scriveva entrava nella memoria dell’anima. 

L’incantesimo che calava in classe durante le lezioni di Lettere era degno di un prestigiatore; e le lezioni di latino, le poesie di Catullo che ci hanno fatto venire gli occhi rossi; il fascino della Fisica insegnata da quella prof che aveva studiato alla Scuola Normale di Pisa…si stava ad ascoltarla ammirati e rapiti in silenzio; neanche il volo di una mosca era ammesso…e se qualcosa accadeva, si inciampava in un brutto voto, o  qualche ribaldo giovane ne combinasse qualcuna, magari meglio era non raccontare a casa: si rischiava la seconda rata! 

Si tornava a scuola chiedendo scusa agli insegnanti e con la voglia di prendere un bel voto! Era quello il riscatto gratificante delle malefatte! Felici tutti e via… 

Quanti insegnanti erano importanti per gli adolescenti di allora! Erano quelli ai quali si dava semplicemente ascolto!

Da adulti molti di quei giovani hanno avviato la loro strada ispirati ciascuno dal suo modello preferito: chi ha studiato le Lettere; chi è diventato un chimico e trasforma rifiuti organici per il mondo nuovo; chi aveva amato i figli dei fiori è diventato un agronomo o restaura i parchi; chi insegna le Scienze, chi ha viaggiato per il mondo imparando le lingue. Altri si sono ritrovati colleghi a insegnare nella stessa scuola di allora, sulle cattedre ove un tempo avevano seduto i miti tanto ammirati! Magari ci hanno lavorato anche insieme…

Adesso che gli adulti siamo noi, man mano osserviamo che, come genitori e pure docenti, perdiamo quel ruolo prima indiscusso di modelli di vita cui orientarsi e di portatori assoluti di verità e valori. 

I giovani tendono a orientarsi e a omologarsi ai coetanei. 

Sono molti gli influencer (basta “idoli”: adesso si chiamano così!) che appartengono a questa fascia di età.

In questo tempo colpevole, ai giovani mancano sia le esperienze, che i successi propri; ecco quindi che gli influencer diventano modelli da seguire: i loro consigli e le loro idee sono confezionati per infondere sicurezza. È per questo che i ragazzi si orientano a essi.

Normalmente le star godono di un alone di << superiorità>> che le contraddistingue dalle persone normali. Si muovono in alte sfere rispetto a noi, comuni mortali. 

Gli influencer, invece, appaiono  sempre freschi e sorridenti, gioiosi e di buon umore; si mostrano in una vita normale: nei loro video di 10/15 secondi fanno colazione, scelgono gli abiti, guardano la TV, scherzano, talvolta parlano di problematiche condivise.

Da questo punto di vista rappresentano, perciò, un modello da seguire e anche una fonte di consigli a portata di mano. 

Comunicano in modo chiaro, diretto e semplice con il loro pubblico. Sembrano i bravi ragazzi della porta accanto.

C’è un aspetto però, che li distingue dalla semplicità delle persone normali: il glamour degli abiti che indossano, degli arredi che fanno da sfondo ai loro set. I logo dei maggiori brand del pianeta vi appaiono silenziosi e discreti, ma col chiaro intento pubblicitario. 

Ogni tanto una frase chiosa un comunicato con un bel consiglio:

” Se vuoi, puoi farlo/ottenerlo anche tu!”. 

Cosa passa ai giovani?

Dunque la continua rappresentazione di una vita meravigliosa là fuori, unita a questa idea che ciascuno possa riuscire a mettere in pratica una vita così glamour rende il raggiungimento del sogno facile e a portata di mano. Tutto si può fare, tutto si può ottenere.

Bisogna tener chiaro un altro aspetto: gli influencer sono la punta dell’iceberg di un altro fenomeno: essi stessi sono sotto la pressione delle aziende produttrici per indurli a essere presenti sui social quanto più è possibile e a rischio di procurare depressione in chi li guarda, se i risultati non sono quelli sperati… ma questo è un altro discorso.

Ben venga allora la Scuola, sì, anche la Scuola, quella  on line, se i prof possono vestire la loro presenza con la PAROLA, arredare il loro set con la CULTURA! 

In un context così alto e importante, raramente la firma dei brand d’abbigliamento o di arredo riuscirà a vestire l’anima e i pensieri dei giovani.

In fondo a video spento i ragazzi saranno sempre liberi di scegliere e poter dire “L’hanno detto i Prof!”.

Maria Sasso nata e cresciuta in Puglia, adottata per la vita in Friuli Venezia Giulia. Laureata con lode e proposta di pubblicazione della tesi in lingue e letterature straniere.   Ho svolto attività come traduttrice e interprete nel settore privato prima di entrare nella Scuola Statale.  Abilitata all'insegnamento di inglese e di tedesco  nella Scuola Secondaria di primo e di secondo grado. Ho conseguito il diploma di specializzazione biennale polivalente per il sostegno. Sono mediatrice del Metodo Feuerstein. Insegno nella scuola pubblica da 34 anni. Sono di ruolo dal "92.  Sono stata tutor di docenti di lingua durante il loro anno di prova. Referente di tutte le attività didattiche della lingua inglese per il gruppo docenti di lingue. Referente di tutte le attività e i progetti legati al Metodo Feuerstein. Ho al mio attivo una esperienza di Erasmus KA + a Helsinki .  Attualmente per scelta ho chiesto il passaggio su posto di sostegno e sono molto felice di aver concretizzato (pur sbattendo contro i mulini a vento) progetti di inclusione a 360°.  Sono donatrice di voce per l'associazione Polaris- Amici del Libro Parlato.

 

 

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