Il cyberbullismo: le responsabilità degli adulti. Il fenomeno del bullismo.

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La vittimizzazione tra pari è un fenomeno presente da sempre, ma solo negli ultimi decenni il fenomeno ha ricevuto un nome, “bullismo”.

Questa parola di origine anglosassone, difficile da tradurre in ogni lingua, ha portato ad una varietà di termini usati in modo intercambiabile per riferirsi a molteplici realtà: violenza a scuola, aggressività-vittimizzazione tra coetanei, mancanza di disciplina tra i banchi di scuola, comportamento antisociale, conflitto tra coetanei, promuovendo in tal modo anche idee sbagliate. Il bullismo è in realtà un concetto specifico e ben definito, che condivide le caratteristiche della violenza nella scuola, ma presenta anche caratteristiche proprie: “un soggetto è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o di più persone”. Questo insieme di azioni di prevaricazione o vittimizzazione ha visto una crescente attenzione da parte di figure di diverso tipo: genitori, insegnanti, psicologi, sociologi, pedagogisti, ecc. Si tratta di un fenomeno mondiale, che è stato studiato in modo sistematico, ed i cui tassi di frequenza variano da un paese all'altro e da una regione all'altra: insulti, intimidazioni, soprannomi crudeli, battute, accuse ingiuste, rifiuto, diffondere voci sgradevoli, furto, minacce, prendere in giro, deridere e umiliare sono alcuni dei modi di comportamento in cui il bullismo, soprattutto scolastico, si manifesta. Le categorie più comuni inizialmente individuate sono state quella fisica, tra cui aggressioni ripetute, percosse, calci, pugni, furto o rottura di oggetti appartenenti alla vittima, e la verbale che include insulti, provocazioni e minacce. Durante gli anni Novanta del secolo scorso, il concetto di bullismo si è ampliato, per includere anche l’aggressione indiretta. come il prendere in giro, diffondere maldicenze, forme di esclusione, e l'aggressività relazionale, diretta a danneggiare le relazioni della vittima con i coetanei.

Dal bullismo al cyberbullismo 

Attualmente, però, stiamo assistendo alla nascita e alla crescita di un nuovo fenomeno, una forma di aggressione che avviene attraverso le moderne tecnologie dell'informazione e della comunicazione, il “cyberbullying”. La diffusione delle nuove tecnologie ed il loro utilizzo ad un’età sempre più precoce hanno permesso la creazione di nuovi canali di prevaricazione e vittimizzazione nei giovanissimi. 

I ragazzi bersaglio del bullismo tecnologico possono essere molestati o minacciati continuamente attraverso sms o siti web, ed è spesso difficile identificare la fonte dei messaggi provocatori. Oltretutto, le informazioni si diffondono rapidamente e può risultare assai complesso rimuoverle dalla rete. 

Ma cos’è in realtà questa nuova insidia? Quali caratteristiche specifiche presenta il fenomeno del cyberbullismo o bullismo virtuale? 

Oltre l’85% degli adolescenti in Italia possiede almeno un mezzo tecnologico (telefoni cellulari, personal assistant di dati, computer con l’accesso a Internet) che sta utilizzando con sempre maggiore frequenza.

Il problema è l'aumento del numero di ragazzi che diventano vittime di aggressioni perpetrate da coetanei attraverso queste nuove tecnologie; alcuni esempi sono l’invio di messaggi in posta elettronica con contenuto minaccioso, l’invio di messaggi di testo destinati a mettere in imbarazzo, molestie online da parte di un pari.

Sotto molti aspetti, il bullismo tradizionale ed il cyberbullismo si sovrappongono nelle loro motivazioni di base. Il bullo, così come il cyber bullo, intende infliggere un danno ad un altro e mette in atto una serie di comportamenti per causargli dolore, per cui, principalmente, il cyberbullo si differenzia dal bullo tradizionale nella modalità di raggiungere i suoi obiettivi. I cyber-bulli sono in grado di estendere il bullismo al di là del cortile della scuola, seguire le loro vittime anche nelle case, mentre l’uso dei mezzi elettronici conferisce al bullismo virtuale alcune caratteristiche proprie, quali:

  • anonimato del molestatore: in realtà questo anonimato è illusorio, in quanto ogni comunicazione elettronica lascia delle tracce;
  • difficile reperibilità: se il cyberbullismo avviene via sms, messaggeria istantanea, chat, o in un forum online privato, è più difficile reperirlo e rimediarvi;
  • indebolimento delle remore etiche: le due caratteristiche precedenti, abbinate con la possibilità di essere "un'altra persona" online possono indebolire le remore morali; spesso online vengono dette cose che non verrebbero mai dette nella vita reale
  • assenza di limiti spaziotemporali: mentre il bullismo tradizionale avviene di solito in luoghi e momenti specifici (ad esempio in un contesto scolastico), il cyberbullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico.

Tipologie di cyberbullismo

Con cyberbulling si intende dunque essere crudeli con un altro attraverso l’invio, la pubblicazione di materiale dannoso o la partecipazione a forme di aggressione sociale, che usano la rete o altre tecnologie digitali. Si tratta di situazioni di aggressività intenzionale, ripetute nel tempo, operate da un singolo o da un gruppo nei confronti di una vittima. 

Nancy Willard, del Center for Safe and Responsible Use of the Internet,  propone queste categorie e manifestazioni di cyberbullismo:

  • Flaming: stile comunicativo online, connotato da espressioni molto forti e da messaggi violenti e volgari;
  • Harassment: molestie insistenti tramite messaggi offensivi con l’obiettivo di ferire la persona;
  • Denigration: danneggiamento della reputazione attraverso falsi messaggi o informazioni;
  • Impersonation: assunzione dell’identità di un’altra persona;
  • Troll: atteggiamenti provocatori messi in atto tramite messaggi, che mirano a destabilizzare l’equilibrio di un gruppo online;
  • Exposure: rivelazione e pubblicazione di informazioni private e imbarazzanti riguardanti la vittima;
  • Trickery: comportamenti messi in atto per carpire la fiducia della vittima con l’inganno, per poi pubblicizzare o condividere con altri le informazioni confidate via web;
  • Exclusion: emarginazione volontaria della vittima da un gruppo online;
  • Cyberstalking: molestie o denigrazioni ripetute, per incutere paura ed eventualmente ottenere un vantaggio per sé.

Pericolosità latente del fenomeno

Il cyberbullismo, sebbene sia meno diffuso del tradizionale bullismo, rappresenta un fenomeno che coinvolge sempre di più preadolescenti e adolescenti.

Ci sono due sfide che oggi rendono difficile prevenire il cyberbullismo. In  primo luogo, molti ragazzi non vedono niente di male negli atti di cyberbullying, li considerano semplicemente “scherzi”, li ignorano, perché ci sarebbero “forme più gravi di aggressione di cui preoccuparsi”, e quindi c’è urgenza di riflettere con i ragazzi riguardo ad un utilizzo responsabile delle nuove tecnologie. L’altra sfida si riferisce a chi è disposto ad intensificare ed assumersi la responsabilità di rispondere ad un uso improprio della tecnologia, e cioè agli adulti in genere.

Il ruolo degli adulti: genitori e insegnanti

a. Genitori

Molti sociologi affermano che, nonostante l’alto livello di preoccupazione dei genitori rispetto alla sicurezza online dei loro figli, pochi di questi cercano  attivamente informazioni sulla sicurezza digitale. Questo attesta scarsa preparazione genitoriale in tema di privacy online e il fatto che l’approccio educativo tende ancora a comprendere poco le “buone prassi” che i figli dovrebbero assumere nel loro quotidiano online. Le impostazioni sulla privacy andrebbero primariamente conosciute dagli adulti, spiegate e socializzate con i giovani, perché alla semplice enunciazione dei rischi che si potrebbero incontrare online corrispondano altrettante soluzioni e strumenti di tutela. Non basta un generico “sapere dei rischi”, ma è necessario informarsi dei mezzi a disposizione per proteggersi e per vivere online in modo più consapevole. 

Sarebbe necessario, invece, favorire processi di alfabetizzazione digitale, in quanto solo un buon livello di competenze digitali permette all’utente di sfruttare al meglio le risorse offerte da Internet e soprattutto di farne un uso critico e consapevole, evitando i comportamenti a rischio e riducendo l’entità del danno potenziale.

I ragazzi istintivamente considerano abbastanza sicuro condividere informazioni in rete e molto spesso i genitori, seppur dichiaratamente preoccupati dei rischi, non conoscendo al meglio il funzionamento del mondo virtuale, sono propensi ad affidarsi alla sola valutazione dei figli. 

I genitori tendono a sottovalutare il coinvolgimento in comportamenti a rischio dei figli, mentre tendono a sovrastimare la quantità del loro monitoraggio e la comunicazione sulla sicurezza in internet che si verifica a casa. Uno dei motivi per cui tendono a sottostimare l’uso che i propri figli fanno, ad esempio, dei social, potrebbe essere che i giovanissimi tentano di proteggere la propria privacy proprio dai loro genitori.

Il bisogno di riservatezza rispetto agli adulti, del resto, è una caratteristica dell’adolescente in un periodo di transizione durante il processo di separazione-individuazione dai genitori, oltre a essere rilevante, per la costruzione delle risorse di decision making. Gli adolescenti possono vedere internet come un dominio in cui sviluppare la propria individualità e prendere le proprie decisioni, dove sperimentare una sorta di “zona franca”, governata da una logica e da una serie di regole proprie, che viene vissuta come interamente auto-gestita. Inoltre, in questa fase del ciclo vitale, il bisogno di rischiare, inteso proprio come assunzione di rischi in termini comportamentali, si esprime con particolare intensità, manifestandosi tramite numerosi comportamenti di sperimentazione che fanno parte dei normali processi di sviluppo. 

Per migliorare l’efficacia del parental monitoring bisogna aumentare la consapevolezza dei giovanissimi del fatto che i genitori siano informati (per esempio sappiano dove e con chi sono quando non sono a casa o a scuola); gli interventi familiari devono esser mirati a migliorare la comunicazione tra genitori e figli per migliorare anche la percezione che gli adolescenti hanno del controllo parentale che deve essere presente anche se non eccessivo.

I genitori talvolta non regolano il contenuto delle attività su Internet dei propri figli e raramente hanno un coinvolgimento in esse. Quando lo fanno, non sempre utilizzano i mezzi  più appropriati; per esempio, molti genitori ritengono che guardare da dietro le spalle cosa fa il figlio sia una buona forma di controllo parentale, ma tale metodo non può ritenersi né efficace né costruttivo. Altre  tecniche di monitoraggio degli adulti, quali il controllo dello schermo e della cronologia, non sono efficaci nel ridurre il rischio che comporta l’uso di Internet da parte dell’adolescente. Infatti, quando gli adolescenti percepiscono che vi sono troppe regole e restrizioni per quanto riguarda l’uso di Internet a casa, del resto, vi accedono da casa degli amici.

In un recente studio, è stato utilizzato uno strumento di valutazione del monitoring parentale, vista l’importante associazione tra questa dimensione e il fenomeno del cyberbullismo, ed è stata indagata la conoscenza dei genitori sulle attività del figlio in rete, l’apertura spontanea dall’adolescente al dialogo, la sollecitazione di informazioni, il controllo.

I risultati dimostrano come la presenza di supporto e di adeguata comunicazione nelle famiglie con adolescenti, siano essi all’inizio o in fase di uscita da questa fase del ciclo di vita, svolga un ruolo cruciale come fattore protettivo dal rischio per l’adolescente. Ciò vale soprattutto per i figli i quali, indipendentemente dall’età e dal sesso, sembrano rivolgersi ad entrambi i genitori per trovare sostegno e incoraggiamento per il delicato processo di svincolo. In altre parole, nella sua sfida per il superamento della transizione, l’adolescente cerca risorse sia nella relazione con il padre sia in quella con la madre così che entrambe le figure genitoriali possono svolgere per lui o una funzione promotrice, o una funzione inibente la crescita.

Mentre per i preadolescenti i livelli di coesione e di espressività percepita, svolgono un ruolo di contenimento del rischio, per i tardo-adolescenti il clima familiare in generale non riveste una importanza granché significativa. 

I preadolescenti più a rischio sembrano essere quelli che vivono in famiglie in cui non è viva e presente la logica culturalmente dominante, quella degli affetti, ma, che, d’altro canto, non possono nemmeno rifarsi ad una logica normativa che funzioni da orientamento per il pensiero e l’azione. I preadolescenti a rischio sarebbero quindi “carenziati” dal punto della crescita mentale in quanto non possono attingere né dagli affetti, né dalle norme genitoriali per sostenere il processo di costruzione della propria identità. 

Il quadro si fa più chiaro, ma anche più drammatico, cosa che rende ancor più necessaria la mediazione attiva da parte della scuola ed un suo ruolo rinnovato in funzione del comportamento online dei giovanissimi, poiché non siamo di fronte ad una patologia vera e propria, ma al rischio psicosociale in età scolare; è necessario sensibilizzare anche gli insegnanti alla tematica, preparali a cogliere i segnali di disagio, sapendo segnalare ai familiari le difficoltà e i rischi cui gli adolescenti vanno incontro. Gli sportelli per gli adolescenti e i genitori aperti presso le scuole si possono ben prestare allo scopo, purché vengano gestiti da personale competente. 

I genitori spesso dicono che non hanno le capacità tecniche per tenere il passo con il comportamento online dei propri figli; gli insegnanti hanno paura di intervenire in comportamenti che spesso si verificano fuori dalla scuola, e le forze dell'ordine esitano a farsi coinvolgere, a meno che non vi sia chiara evidenza di un crimine o una minaccia significativa per la sicurezza fisica di qualcuno. Come risultato, il cyberbullismo si diffonde nella popolazione di adolescenti o preadolescenti con sempre maggior frequenza.

b. Insegnanti

La  scuola è  luogo  di formazione, apprendimento ed esperienza sociale, e la  relazione insegnante-studente  è fondamentale per  la  promozione  del  senso  di  responsabilità  e  autonomia individuale, nonché sociale. Responsabilità è una delle funzioni che presiedono ai processi di differenziazione sociale.

A proposito degli insegnanti, sono state analizzate alcune modalità che possono assumere i docenti ad affrontare il  cyberbullismo:

  • Modalità delegante: “Ci devono pensare i genitori, è  colpa  della  famiglia  se  il  ragazzo  si comporta così!” =>Ritenere che non sia una propria responsabilità;
  • Modalità passiva: “Sono solo ragazzate! =>Non intervenire, minimizzando;
  • Modalità non attenta alle relazioni: “Non è compito mio interessarmi anche di questo. Ho un programma da seguire!” =>Ritenere che la scuola sia solo un luogo di apprendimento e non di crescita relazionale;
  • Modalità interventista: “Adesso  ci  penso  io   a  sistemare  la  situazione!” =>Intervenire direttamente   con   alunni,   famiglie,   colleghi   e   dirigente. Fare   una   sfuriata   relativa   alla situazione, minacciare, poi calmarsi, non pensando che torna tutto come prima;
  • Modalità protettiva: “Poverino, se l’è presa con te! Vieni a chiamarmi quando ricapita” =>Difendere apertamente la vittima e occuparsi solo di lei;
  • Modalità autoritaria  punitiva: “Non  stai  mai  fermo,  hanno  già  avuto  anche  fin  troppa pazienza!” =>Colpevolizzare/svalutare l’alunno per la sua inadeguatezza o incapacità.

Conclusioni

I genitori dunque spesso dicono che non hanno le capacità tecniche per tenere il passo con il comportamento online dei propri figli; gli insegnanti hanno paura di intervenire in comportamenti che spesso si verificano fuori dalla scuola, e le forze dell'ordine esitano a farsi coinvolgere, a meno che non vi sia chiara evidenza di un crimine o una minaccia significativa per la sicurezza fisica di qualcuno. Come risultato, il cyberbullismo si diffonde nella popolazione di adolescenti o preadolescenti con sempre maggior frequenza

Per approfondimenti

  • AA. VV., Introduzione alla psicologia dello sviluppo, Laterza, Bari –Roma 2009.
  • AA. VV., Q-Pad, Erikson, Trento 2011.
  • Bentivegna S., Disuguaglianze digitali. Le nuove forme di esclusione nella società dell’informazione, Laterza, Roma-Bari 2009.
  • Castells M., Galassia Internet, Feltrinelli, Milano 2002.
  • Ferri P., Nativi digitali, Mondadori, Milano 2011.
  • Genta M.L., Brighi A., Guarini A., Cyberbullismo. Ricerche e strategie di intervento, FrancoAngeli, Milano 2013.
  • Willard N., Educator’s guide to cyberbullying: Addressing the harm caused by online social cruelty, 2005, in http://cyberbully.org

Bonaccini Silvia, classe 1972, laureata in Scienze della Formazione Primaria e Dirigente e Coordinatore dei servizi socio- educativi e scolastici, in servizio presso l'Istituto Comprensivo Venturino Venturi di Loro Ciuffenna (Ar), come docente di Scuola Primaria,  ha svolto numerosi corsi di aggiornamento e laboratori propedeutici a diverse attività del settore scolastico.Nella sua carriera scolastica ha svolto il ruolo di capo sede, funzione strumentale della valutazione per molti anni, redatto il PON che ha fatto risultare vincitore il suo Istituto ed è tutt'ora membro del Comitato di Valutazione.

 

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