Prestigio sociale e retribuzione: la professione docente è attraente?

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Il docente, all’interno dell’odierna società della conoscenza, è un professionista in continua evoluzione e ricerca, non solo per quanto concerne l’insegnamento della disciplina, ma, soprattutto, per quanto attiene al fattore educativo.

Insegnare oggi, infatti, richiede il possesso di nuove conoscenze e competenze, capacità-azioni legate alle abilità didattiche e relazionali, ma anche all’intercettazione ed al soddisfacimento dei bisogni educativi degli studenti di tutti gli ordini di scuola.

Ad un siffatto instancabile impegno nell’esercizio della professione, non corrisponde, tuttavia, né la considerazione all’interno della società, né un adeguamento e una modificazione della retribuzione.

Non è un caso, dunque, che la revisione degli stipendi costituisca uno dei target del piano Colao 2020, nell’ambito della macroarea “Istruzione, ricerca e competenze - fattori chiave per lo sviluppo”, in cui un elevato profilo professionale dei docenti viene delineato come elemento imprescindibile.

È noto che la retribuzione, nell’immaginario collettivo, sia un parametro significativo per commisurare la rilevanza della figura del docente all’interno del tessuto sociale nel quale opera. 

È appena il caso di sottolineare, tuttavia, che il salario mensile non può e non deve essere l’unico metro di valutazione della valenza della professione, ma occorre analizzare altri aspetti, tra cui le condizioni di lavoro, le prospettive di carriera, le opportunità̀ di sviluppo professionale.

È altrettanto vero che la retribuzione svolge un ruolo importante nel rendere attraente la professione docente e nell’assicurare la valorizzazione e la motivazione indispensabili per un insegnamento contraddistinto dalla qualità.

È opportuno, dunque, analizzare quale sia l’attuale situazione relativa agli stipendi in Italia, anche in rapporto a quello che accade in Europa. A tale scopo, è possibile avvalersi della lettura del Quaderno Eurydice 2020, tradotto in italiano nel 2021, “Stipendi di insegnanti e capi di istituto in Europa”.

Emerge immediatamente dalla lettura che, a seconda del tenore di vita e, quindi, del prodotto interno lordo, ci può essere, per gli stipendi base, una variazione di salario oscillante tra cinquemila e ottantamila euro annuali. In Italia, inoltre, il titolo di accesso alla professione, come è noto, è per tutti la laurea magistrale, ma i docenti di secondaria percepiscono un compenso più elevato.

In circa la metà dei sistemi educativi oggetto di analisi, si contemplano compensazioni economiche per ulteriori qualifiche formali: i docenti possono essere collocati in una fascia retributiva più elevata o avere un riconoscimento in base agli anni di servizio aggiuntivi o addirittura ricevere un’indennità. Tale prassi non esiste nel nostro Paese.

Uno tra gli aspetti più interessanti, che emerge dalla comparazione di quanto accade nei diversi Stati, riguarda le differenze significative in merito alle tempistiche e all’importo degli aumenti legati all’anzianità di servizio.

L’incremento dello stipendio, infatti, può variare dal dodici al centosedici per cento, nel corso della carriera e può subire tale modifica in un periodo compreso tra i sei e i quarantadue anni, a seconda della nazione. In Italia, l’aumento corrisponde a circa il cinquanta per cento in un lungo lasso di tempo, trentacinque anni di servizio. 

Emerge, pertanto, l’urgenza del riesame degli stipendi del personale, in relazione al tempo di lavoro e alla qualità dell’impegno profuso, unitamente alla formulazione di nuove ipotesi di sviluppo di carriera.

Appare chiaro, infatti, che la retribuzione rappresenti un tassello significativo tanto nel rendere allettante la professione a chi ancora non la svolge, quanto nel consentire, a chi docente lo è già, di potersi sentire valorizzato e motivato a garantire la qualità dell’insegnamento, affinché chi insegna nelle scuole sia tra i più qualificati, i più talentuosi e maggiormente in grado di soddisfare le nuove esigenze specifiche della professione, come auspicato nella Riunione del Consiglio istruzione, gioventù, cultura e sport, tenutasi a Bruxelles nel 2014. 

La revisione degli stipendi non costituisce, pertanto, un’operazione circoscritta, tesa al raggiungimento di un maggior prestigio e di una rafforzata sicurezza economica di chi svolge la professione di insegnante, ma va inserita in un processo che coinvolge il tessuto sociale nella sua interezza, dal momento che, secondo il pensiero di Morin, “la scuola produce la scuola che produce la società”.

Carmela Tanzella, docente di Lettere di scuola secondaria di secondo grado. Coaudiutore del dirigente scolastico, Dottore di ricerca in scienze delle relazioni umane, docente a contratto e tutor di tirocinio indiretto nel TFA Sostegno presso l’Università degli Studi di Bari.

 

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