THRIVABILITY: TEMPI DI TRANSIZIONE PER UN UMANESIMO SOSTENIBILE

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Pandemie, guerre, freddure, mancanza di comunicazione, tempi evanescenti, spazi vuoti da riempire con le varie tipologie di e-comunity, scarsa disposizione alla comprensione e al dialogo. Queste sono solo alcune delle caratteristiche del nostro vivere quotidiano.

Eppure, da più parti, le parole d’ordine dovrebbero essere resilienza, inclusione, flessibilità, partecipazione, accoglienza.

Il mondo sembra essere distratto. 

L’uomo pare aver perso orizzonti di senso.

Le dissolvenze avere la meglio su sfumature di significato quali prosperità, benessere, ricchezza.

E la scuola? 

La scuola, in quanto istituzione autonoma, è chiamata a garantire a tutti e a ciascuno il pieno raggiungimento non solo e non tanto degli obiettivi minimi, nel rispetto dei ritmi di tutti e di ciascuno, al fine di trovare il proprio posto nel mondo quanto, piuttosto, eque opportunità agli allievi per  essere/diventare capitale umano flessibilmente e, si spera, consapevolmente, utilmente inserito nella comunità sociale mondiale.

Già…perché, purtroppo o per fortuna, il futuro di chi si appresta ad entrare nella comunità scolastica e non solo, è quello di non appartenere più ad un mondo chiuso che si regge su strutture chiuse; microcosmi di un unico enorme sistema sovranazionale troppo spesso poco conosciuto ai più piuttosto, ad un sistema di complessità dinamiche che, a diverso titolo, devono dar conto ai mercati di tutto il mondo.

Certo la scuola orienta e concorre alla formazione del cittadino; è chiamata ad organizzare ed usufruire di tutte le modalità e risorse a disposizione, umane e finanziarie, messe a disposizione dal ministero ma, non è un caso che, il non utilizzar bene le risorse, produca danni erariali e, aver fallito, in termini di raggiungimento, gli obiettivi prefissati, produca, in tutti gli operatori scolastici, sconforto e demoralizzazione.

Il tempo, è vero, fa maturar tutte le cose e, in particolare il tempo scolastico, è risorsa importante quanto e più di tutte le altre noi docenti/genitori disponiamo.

Benchè la storia del tempo scuola abbia subito passaggi storici complessi e non sempre condivisi, esso, risulta, mai come oggi, una risorsa da non ignorare, dilatato, fruibile, organizzato, funzionale alla motivazione di docenti e allievi. Insomma una opportunità di ricerca e di pensiero, chance per tutti che, come porte di memorie antiche, aprano spazi metacognitivi in cui il tempo diventa agito, vissuto.

In questo senso, la scuola, allentando la presa dell’autoreferenzialità, è chiamata, soprattutto per quanto attiene alle classi a tempo pieno e/o prolungato, a co-partecipare scelte con gli enti pubblici, aderire a patti di comunità, partecipare a reti di scopo e/o programmatiche progettuali, scendere tra la comunità liquida e farsi essa stessa liquida ma mai evanescente. 

Differenze non solo formali, legate a metodologie, strumentazioni, approcci educativi, spaziali, temporali, esistono certo tra nord e sud ma non vanno lette come vincolanti anzi quali approcci da cui partire per programmare e/o potenziare l’azione didattico/educativa secondo i bisogni e le necessità ravvisate a seconda dei casi.

Se al nord infatti l’impiego del tempo pieno/prolungato è legato ad esigenze familiari e si ponga come sperimentazione progettuale continua da un lato; al sud l’intensificazione delle sezioni che usufruiscono di un tempo sì fatto, potrebbe contribuire ad ovviare al fenomeno della dispersione scolastica e all’utilizzo della variegata tipologia dei fondi messi a disposizione dal ministero.

Si tratta certo, in entrambi i casi, di una questione di qualità a prova di direttive UE e di quell’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale tanto cercato in Italia con la L. 3/01; gli interventi previsti dai vari decreti legislativi attuativi della L.107/15 in particolar modo il D.Lgs 65/17

Ecco allora che, checché se ne dica, J. Hackman (premio Nobel per l’economia) aveva visto giusto e molto lontano. Egli, infatti, già nel 2000, sosteneva che la forma di investimento in assoluto più redditizia per un qualsiasi paese ovvero l’educazione di qualità, a partire dai primissimi anni di vita, trovasse terreno fertile nel tempo scuola e in special modo nei contesti disagiati. 

La questione è stata ripresa nel PNRR con il Recovery Plan. Essa ha sì messo in agenda il tempo pieno ma la strada è lunga e, non sempre, in discesa. Spesso infatti, a dispetto dei fondi che si hanno a disposizione le scuole devono fare i conti con le povertà e differenze culturali precipue dei territori su cui la scuola insiste e opera;  con le ostilità legate alle relazioni comunicative pregresse tra segmenti scolasti; ai rapporti con gli enti locali non sempre fruttuosi e le apparentemente banali questioni legate al trasporto, al servizio mensa.

Il tempo pieno/prolungato, allora, è più una necessità per le famiglie o un diritto dei piccoli?

La quaestio non è da poco e sicuramente non è da sottovalutare ma neanche da poter risolvere in poche battute. 

Se infatti la scuola, oggi, offre un servizio costituzionalmente sancito oltre ad essere un diritto della persona (art 34) è anche vero che la favola scolastica spesso resta inascoltata. 

La perdita parziale di una scuola edipica (per dirla alla Recalcati) e la mancata inclusione/revisione degli OO.CC. rappresentano il punto di partenza per la reale attuazione di quanto già previsto prima della L.107/15

Nulla è impossibile. Nulla si crea. Nulla si distrugge. Tutto si trasforma pur restando fedele a ciò che col tempo abbiamo inconsciamente costruito.

Quanto però di questo tempo inconscio agisce sulla coscienza vigile e disattenta dei tempi collettivi?. La banale strumentalizzazione di talune azioni poco ha a che fare con la curiosità degli allievi che costruiscono il proprio sé in contesti strutturati e indeterminati ma mai aleatori.

Resta allora nostro dovere promuovere quella che abbiamo definito thrivability. Non cavalcare l’onda delle mode bensì volgere lo sguardo a quel lieto fine proprio delle favole e la scuola è favola per eccellenza in cui protagonisti ed antagonisti, normalità e diversità, luoghi reali e virtuali, valori e disvalori, culture, storie, mondi, tempi si intrecciano ed hanno bisogno, parimenti, di essere curati come la rosa di Saint Exupery ovvero i personaggi del “Castello dei destini incrociati” di Calvino.

Insomma, tempi di transizione, interscambiabili e vivi per un umanesimo sostenibile per tutti.

Rossella Marino Laureata in Lettere Moderne, Scienze della Formazione primaria, Filologia Moderna con il massimo dei voti. Diversi Master di secondo livello relativi a profili, ruoli, compiti del DS; Master di primo livello L2 e CLIL. Ho ricoperto i seguenti incarichi: Referente di plesso, Funzione obiettivo/strumentale POF/PTOF, monitoraggio e valutazione, progettazione curricolare e continuità; Coordinatrice di classe; Responsabile di dipartimento (lettere); Referente per il Bullismo/cyberbullismo, Sicurezza e primo soccorso; Facente parte dello Staff DS; Tutor neo-immessi; Presidente commissione esami di stato; Collaboratore di presidenza; Esperto PON; Membro NIV e NEV; Formazione didattica disciplinare, organizzativa, gestionale e bilancio, linguistica (C1); Mediatrice culturale prima dell’entrata in ruolo nel 2006 (Docente scuola secondaria secondo grado, infanzia, secondaria primo grado  - a tutt’oggi).

 

 

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