“Quali reali opportunità?  Per una progettazione efficace del PIANO SCUOLA 4.0”

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Il Piano Scuola 4.0 sollecita diverse riflessioni di metodo e di merito, ma vorrei, in questa sede, soffermarmi sulla reale ricaduta degli investimenti previsti sulla didattica.

Il piano, infatti, si integra con le azioni già attivate negli scorsi anni grazie ai fondi del PNSD e del PON per la scuola che hanno permesso investimenti per 1,9 miliardi di euro dal 2014 al 2021. Una cifra sontuosa, che ha implementato, oltre alle altre misure realizzate, l’innovazione nella didattica, con un incremento dell’uso delle tecnologie digitali fino a toccare l’84,4% dei docenti (era il 44,5% nel 2017) e ben 620.000 docenti formati alla didattica digitale. 

Non rischiamo di cadere nell’errore di uno “scollamento” tra il quantitativo (l’enorme investimento in termini di denaro) e il qualitativo (una reale innovazione metodologica e didattica dell’apprendimento)? Cerchiamo di capirlo.

Foster classificava questi tre indirizzi relativi all’uso della tecnologia come contenuto (il compito del docente consiste nel fornire agli studenti conoscenze sulle tecnologie didattiche);
come processo (l’uso delle tecnologie viene visto come un insieme di abilità da insegnare agli studenti) e come metodo (la tecnologia è vista come un insieme di strategie didattiche al servizio dell’apprendimento). 

Perché, allora, in contrapposizione con quanto espresso da Foster, le recenti ricerche rilevano - al netto delle ottime competenze nell’uso delle tecnologie per l’apprendimento di molti docenti - che ci si limita, la gran parte delle volte, ai primi due utilizzi (contenuto e processo) dimenticando spesso il terzo? 

Anche il PNSD del 2017, all’azione #25 richiede che la formazione sia indirizzata a valorizzare le competenze digitali intese come la capacità di volgere in senso pedagogico l’uso delle tecnologie”.  Siamo certi di farlo? Sempre? I 620.000 docenti formati utilizzano realmente le tecnologie al servizio dell’apprendimento? Senza dubbio è stato fatto moltissimo, ma c’è ancora molto da fare.

L’investimento definito dalle linee di intervento Scuola 4.0 prevede, infatti, ora, un’erogazione di ben 2,1 miliardi di euro (di cui 0,379 miliardi di euro per progetti in essere e 1,721 miliardi per nuovi progetti) per l’innovazione in chiave pedagogica con la creazione di ambienti flessibili, collaborativi, inclusivi e tecnologici.

Ricordiamo che l’OCSE definisce questi 7 principi dell’apprendimento:

  1. L’ambiente di apprendimento riconosce nei discenti i principali partecipanti, incoraggia il loro impegno attivo e sviluppa in loro la consapevolezza delle loro attività da discenti (citando il costruttivismo bruneriano).
  1. L’ambiente di apprendimento si fonda sulla natura sociale dell’apprendimento e incoraggia attivamente un apprendimento cooperativo propriamente organizzato (rifacendosi al costruzionismo di Papert).
  1. I professionisti dell’apprendimento, all’interno dell’ambiente specifico, sono perfettamente in sintonia sia con le motivazioni degli studenti che con il ruolo cruciale che le emozioni hanno nell’ottenimento dei risultati (eccoci all’intelligenza emotiva di Goleman).
  2. L’ambiente di apprendimento è estremamente sensibile alle differenze individuali tra gli studenti e le studentesse che lo compongono, ivi comprese le loro conoscenze pregresse (con un’attenta analisi dei prerequisiti dati dall’apprendimento formale, informale e non formale pregresso e in atto).
  1. L’ambiente di apprendimento elabora programmi che richiedono un impegno costante, mettendo tutti in gioco senza provocare un sovraccarico eccessivo di lavoro (con maggior tutela del benessere personale in ambito scolastico).
  1. L’ambiente di apprendimento opera avendo ben presenti le aspettative e implementa strategie di valutazione coerenti con tali aspettative; pone altresì una forte enfasi sul feedback formativo per supportare l’apprendimento (citando a sua volta i principi di una valutazione in ottica formativa).
  1. L’ambiente di apprendimento promuove con convinzione la “connessione orizzontale” tra aree di conoscenza e materie, nonché con la comunità e il mondo più in generale (in coerenza con una continuità verticale e orizzontale). 

Questi principi, a mio avviso, dovrebbero essere inseriti quali obiettivi da perseguire, con apposite strategie e appropriate metodologie educativo-didattiche, nei molti corsi di formazione che verranno attivati a breve grazie ai bandi PNRR in scadenza in questi giorni. Come dice Daniela Lucangeli, la scuola deve ritrovare l’orizzonte di senso su cui muoversi.

La formazione alla didattica digitale dei docenti è uno dei pilastri del PNRR Istruzione e rappresenta una misura fondamentale per l’utilizzo efficace e completo degli ambienti di apprendimento innovativi realizzati nell’ambito di “Scuola 4.0”. 

Grazie alle next generation classroom, sono state trasformate oltre 100.000 aule in ambienti innovativi di apprendimento per favorire l’apprendimento attivo e collaborativo, prevedendo didattica personalizzata e differenziata, promuovendo relazioni, motivazioni e benessere emotivo, e attivando azioni di peer learning, problem solving e co-progettazione, per consolidare abilità cognitive e metacognitive (pensiero critico e creativo), sociali ed emotive (empatia, responsabilità e collaborazione), pratiche e fisiche (uso corretto e consapevole delle informazioni della comunicazione digitale). Stiamo realmente agendo su questa via? Le scuole stanno rispondendo a queste indicazioni, che prevedono l’attivazione di reali ambienti di apprendimento, e non di insegnamento trasmissivo di contenuti disciplinari? 

Come citato all’interno del Piano Scuola, da tempo la pedagogia italiana e internazionale ha fortemente valorizzato il ruolo dello spazio nel processo di formazione. Maria Montessori, ad esempio, ha visto lo spazio come “maestro”, mentre Loris Malaguzzi lo ha definito “terzo educatore”. Gli spazi di apprendimento non sono, quindi, meri contenitori di attività didattiche, ma luoghi che influenzano in modo significativo l’apprendimento e l’insegnamento. 

L’esperienza della pandemia ha, senza dubbio, dato una spinta propulsiva all’utilizzo degli ambienti digitali di apprendimento, integrando l’esperienza didattica fisica con quella virtuale, ma ha fatto anche emergere l’oggettiva difficoltà di predisporre questi ambienti per tutti e per ciascuno, con grandi difficoltà a raggiungere coloro che non hanno accesso a device performanti, a reti “veloci”, a conoscenze e competenze nell’utilizzo di questi dispositivi da parte di famiglie e studenti con Bisogni Educativi Speciali. Che fare?

Vogliamo creare ambienti di apprendimento che siano più in linea con le esigenze didattiche e formative dei giovani d’oggi rispetto alle sfide poste dai cambiamenti culturali, sociali, economici, scientifici e tecnologici del mondo contemporaneo? Vogliamo proporre e predisporre “ambienti di apprendimento innovativi”, realmente connessi a una visione pedagogica che metta al centro l’attività didattica, secondo principi di flessibilità, di molteplicità di funzioni, di collaborazione, di inclusione, di apertura e di utilizzo della tecnologia? 

Il Piano Scuola 4.0 ce ne fornisce un’opportunità. Spetta a noi coglierla.

Letteri Barbaragoriziana di nascita, vivo e lavoro a Sassari. Psicologa e pedagogista. Docente MIUR, Professore a contratto in Tecnologie per l'apprendimento e Cultore della materia in Didattica e Pedagogia Speciale presso l'Università degli Studi di Sassari. Componente Equipe di lavoro, ricerca nazionale e referente regionale Sardegna ONSBI (Osservatorio Nazionale Salute e Benessere degli Insegnanti) della LUMSA di Roma. Libera professionista e formatrice anche presso Centro Phare Phychè Sardegna e Consorzio universitario Humanitas di Roma.  Collaborazione con la società TaMaLaCà, spin off della Facoltà di Architettura di Alghero.

 

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